A te navigante...

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domenica 4 dicembre 2011

Il dito nell'occhio: Vizi italici e microscopiche virtù

Dal medico



L’episodio si svolge davanti la porta dello studio del medico di famiglia. E’ ora di visita, controllo e ricontrollo l’orario scritto sulla targa avvitata nel legno. La porta è chiusa, ma dentro c’è una folla da stadio.
Suono e risuono, aspetto un po’, tra una scampanellata e l’altra, nulla. Alla fine la porta si apre di scatto, da sola,dopo tre minuti d’attesa. L’ha aperta il medico, con il pulsante elettrico, dalla sala visite. Entro e trovo un caos. Una decina di persone, parla a voce alta, alcuni discutono animatamente. Chiedo, nessuno poteva aprirmi? Dietro la benedetta porta, una signora, aspetta il suo turno, ma non ha allungato la mano. Se la prende con una seduta in sala d’attesa. E’ lei che mi ha detto di non aprire, gliel’avevo detto che forse dovevo.
L’altra la guarda male, lancia uno sguardo infuocato a me, il pomo della discordia, la maleducata che osa pretendere il servizio e spara, come un fucile carico, tutto il livore e la rabbia di una vita frustrata, mi piace pensare che il motivo fosse quello. Non siamo i portieri di nessuno. Se la porta è chiusa aspetta lì. La porta dovrebbe essere aperta. E che c’entro io, se quello che è uscito l’ha fatta chiudere? Poi riprende a vociare a lettere maiuscole, urla, invece di parlare. Racconta tutti i malanni suoi, del figlio e delle generazioni a venire. Siamo costretti ad ascoltarli, uno ad uno, come grani di rosario recitati. Tra un pater noster e un’Ave Maria, squilla il cellulare del n. 21. Ha detto lui di aver aver preso il 21 e così lo chiamerò. Lo squillo è un modo di dire, improvvisamente, sale come una marea acustica, tra le chiacchiere e il chiocciare di tutti i presenti.
La marcia trionfale dell’Aida, con quattro note pessime da telefonino. Sempre più alta e molesta. Pronto! Risponde scocciato il 21, mentre si fa silenzio. Le orecchie tese ad ascoltare, Lui a voce alta, sono dal medico, ho la macchina in doppia fila, speriamo non mi multino. Poi attacca a raccontare i fatti suoi, io li ometto ma lui non ci ha risparmiati.
Arriva la vecchietta ultraottantenne arrancando al braccio della badante. In italiano stentato la ragazza cerca di spiegare che la signora sta male, possiamo entrare per favore? Dieci teste si voltano di scatto. Una dice, va bene, se vuole può prendere il mio numero, ma è l’ultima arrivata.
Gli altri nove, chi si guarda la punta delle scarpe. Chi ha scovato improvvisamente un articolo culturale su Gente, chi sta mandando freneticamente sms al cellulare. Nessuno risponde. Per favore, signora stare male. Esce il medico, che era stato avvisato. Vi prego di scusarmi, la signora ha avuto un mancamento fatela passare. E la fai venire in studio? Silenzio, nessuno parla o protesta. La porta della sala visite si chiude. Iniziano le lagne. Non è giusto, fosse stato per me non sarebbe entrata. L’ho detto io che ci sono sempre i soliti furbi. Dice il 21, che ha finalmente chiuso la comunicazione telefonica. La prossima volta, svengo in studio ed entro subito, dice un’altra a voce alta. Perché non avete detto nulla prima? Chiedo io. Mi arriva il fulmine in piena fronte!
E’ il mio turno, aspetto che esca il tizio prima di me, il famoso 21. Mi alzo, e mi viene chiesto se ne ho per molto, magari se mi sbrigassi… La guardo e non favello, non cado nella trappola della scurrilità, ponderando rispondo, mi diverto tanto a stare lì dentro, ma cercherò di uscire prima per lei.
Questo dal medico di famiglia. Lo stesso in ospedale, in studi privati. Nel privato poi c’è il problema ricevuta fiscale. Il medico sa, perché ti ha dato l’appuntamento. Ti vuol prendere per sfinimento, pensa che non avrai il coraggio di sostenere il suo sguardo di rimprovero. Scusi dottore, vorrei la ricevuta. Scusi lei, ti dice con un tono di finta cortesia, l’avevo dimenticata. Te la compila lì davanti, scrivendo una lettera alla volta, a rallentatore, per evidenziare che te la sta facendo ma tu avresti anche potuto lasciar correre, che diamine!
Ti fa quasi sentire in colpa, sa è per il 730. Non risponde e te l’allunga. Fanno duecentocinquanta euro. Lo scrivo in lettere, come su un assegno, rendono di più.
E meno male che non ti ha trovato nulla. E meno male che non ha barattato la ricevuta, scontandoti il prezzo, della maggiorazione Iva.



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