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mercoledì 6 giugno 2012

Il grande cuore di Menkar




La lunga notte, ricopriva il cielo col suo manto nero di velluto opaco. Le stelle brillavano,  da poterle imprigionare per rischiarare la via.
Un vento tagliente, come lama di ghiaccio spaccato, agitava  un mare di vita e di sale.
Nell’estrema terra nordica, lì, dove vivere è una lotta perenne, lei, Menkar, avanzava incurante del vento e delle onde in tempesta.
Era lì che era approdata e da lì doveva ripartire.
Già da tempo aveva udito il richiamo e sapeva di doverlo seguire.
Un suono modulato, un lunghissimo brivido che accarezza la pelle, che scuote l’animo e fa scendere tiepide lacrime, ancestrale richiamo d’amore.
Menkar, partì e decise di farlo da sola, le compagne lasciate indietro, miglia e miglia lontane.
Conosceva la rotta e si orientava benissimo tra i ghiacci che si stavano chiudendo sempre di più.
Il solstizio d’inverno era vicino e doveva fare presto.
Si diresse a sud, dove le acque erano più miti, seguendo la corrente che tanti prima di lei avevano seguito.
Lottava per la vita. Quel mondo, il suo mondo, è pieno di predatori famelici. Si uccide per sopravvivere ma lei se ne infischia, nessuno le si sarebbe avvicinato, tutta la temevano, lei, Menkar, la regina.
Il sole pian, piano si faceva più caldo, a volte asciugava la pelle ricoperta di salsedine. Quella palla infuocata, era un mistero. Scioglieva i ghiacci, seccava le fauci fameliche che bramavano vite indifese, faceva crescere rigogliose sfumature di verde, portava la vita ma la mietava a caso.
Menkar lo temeva, più di ogni altra cosa. Cresciuta nei ghiacci, non aveva conosciuto tepore.
Sostava cullata dalle onde, tra spruzzi alti d’acqua salina, un respiro forte ed affannoso le alzava e abbassava il petto. Riprendeva fiato, a tratti, addormentandosi tra le braccia tiepide di un mare sconosciuto.
Lo udì di nuovo. Forte ma molto lontano era il richiamo, il suono, il canto degli antenati e l’attirava a sé.
Era ormai qualche mese che avanzava sicura nella rotta, stanca nelle membra ma felice di essere vicina alla meta, lì, li avrebbe incontrati tutti per la prima volta.
Si accorse di aver perso la rotta. Non era mai successo, gli strumenti che possedeva erano infallibili, ma aveva sentito racconti, sussurrati con orrore, di chi aveva invano aspettato coloro che non erano più tornati indietro.
Incredula, Menkar, non si arrese, non lei, la regina dei mari. Il richiamo, lontano, non lo percepiva più, un flebile suono tra suoni sconosciuti. Girava in tondo, da ore, forse da giorni. Si fermò stremata, il cibo ormai scarseggiava e lei aveva perso le forze per nutrirsi.
Chiuse gli occhi, accecati dalla palla infuocata, forse svenne.
La corrente, forte in quel punto, la portava fuori rotta ma lei ormai rassegnata, si faceva cullare dalle onde. Non aveva paura, Menkar, regina dei mari in cerca d’amore.
L’acqua blu, verde smeraldina, tiepida, dal sapore forte e concentrato, la guidava e lei completamente inerte si affidava al destino con fiducia e speranza anche se il richiamo, non l’udiva più.
Poi l’impatto, fortissimo, inaspettato, la colse incredula. Un suolo, giallo, duro, sconosciuto su cui il suo corpo si adagiò.
Era immobilizzata e il terrore le si leggeva negli enormi occhi neri.
Menkar, la regina dei mari, dal mare era stata tradita.
Il suo corpo, veniva per metà lambito dalle onde, per metà lentamente asciugato dalla palla infuocata.
La vista offuscata, distorta dall’elemento etereo e impalpabile. Un vento tiepido, leggero e impietoso le accecava gli occhi di sabbia.
Suoni acuti, sconosciuti, che non capiva, l’assalivano. Movimento di corpi attorno a lei, piccoli corpi, veloci e snelli, spruzzavano acqua sulla pelle riarsa.
Aliena in quel mondo, era giunta alla fine.
Lento il suo cuore continuava a pompare. Affaticato, spezzato e senza più speranza, pian piano, si fermò; per sempre.
Era un grande cuore che cercava amore, un cuore di 500 chili.
Dissero che la sua specie, erano più di trecento anni che non si vedeva da quelle parti. Il suo corpo sezionato, pesato, studiato da quella razza di piccole scimmie che aveva conquistato terre e mari.
Molti piansero per lei, la grande balena grigia, la regina dei mari, intrappolata tra le sabbie. Qualcuno volle darle un nome, per poterla ricordare, la chiamarono Menkar come la costellazione della balena. Forse il suo enorme cuore è lassù che brilla indicando le rotte.


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