Era lì, dentro la dispensa materna da
anni, dimenticato, sentiva nostalgia di zucchero, coccole e cannella,
lo stampo da ciambellone di papà. L'avevo rimosso dalla memoria,
aggrappata ad un dolore che piano, negli anni, è scivolato nel
ricordo e nella mancanza.
Rivivo la sua presenza negli oggetti,
quelli più amati da lui, risento nelle orecchie la sua voce e
improvvisamente, appaiono in scena i rumori e gli odori, sul
palcoscenico dei ricordi.
L'alluminio, nonostante gli anni è
rimasto intatto, non un'ammaccatura ne scalfisce le scanalature.
Lui amava cucinare ma ancora di più
amava fare dolci da forno.
Avevamo sempre un ciambellone, una
torta profumata e morbidamente ricoperta da zucchero a velo, come un
coltre di neve bianca, che saziava i poderosi appetiti d'adolescenti.
La cucina, ad una certa ora, quando lui
era libero dal lavoro, profumava di forno, di limone o vaniglia e la
farina volava come coriandoli a carnevale. Una festa continua, che si
perpetrava di giorno in giorno. Non esistevano impastatori, fruste di
ultima generazione ma solo il recipiente di plastica, quello dove,
condivamo anche la pasta, e un cucchiaio di legno o se proprio
serviva di montare, le fruste a manovella, quelle del nonno, forse
anteguerra.
Era ipnotizzante guardarlo girare con
forza il cucchiaio. Di forza ne aveva, a volte esagerava, rompeva e
spezzava le cose per troppa energia non dosata. Quando impastava, il
burro si scioglieva con lo zucchero sotto i suoi attacchi, formando
una crema compatta in cui avrei affondato un dito per rubarne un
pochino.
Poi le uova, i bianchi montati a neve,
che a lui, riuscivano come niente, neve soda, come budino tremolante.
A me, ci sono voluti anni per imparare, quando finalmente ho deciso
di comperare le fruste elettriche, la mia forza motrice non era la
sua.
Dall'impasto uscivano fuori torte dal
profumo stordente. Il suo cavallo di battaglia: la torta di mele,
così richiesta che divenne la torta di ogni compleanno, la sua
ricetta preferita, quella che ogni nipote richiedeva battendo le
manine e saltando.
Nessuno a loro dire, la sapeva fare
come lui.
Le crostate di marmellata, preparata da
mia madre, erano oggetto di trepidanti attese davanti al forno. Le
avremmo addentate bollenti, ma il suo sguardo, severo, mandava lampi
di disapprovazione. I suoi occhi azzurri, del colore del mare calmo
e di calmo avevano solo il colore, riuscivano ad esprimere quello
che non usciva dalla bocca ma era molto evidente, lui, uomo di altra
generazione, di poche parole. Si restava lì, davanti al forno, ad
annusare, sniffare quell'odore, con la bava alla bocca.
La cucina diventava un caos, e toccava
a mia madre sistemare, e guai a stargli intorno quando impastava, il
vocione si alzava, come contrabasso dalla nota troppo alta.
Era burbero mio padre, si nascondeva in
modi bruschi e autoritari ma dentro era un cuore morbido di
cioccolato. La sua presenza riempiva una casa e la vita di ognuno di
noi, a volte ingombrante ma colonna solida su cui poggiarsi, nei
momenti bui.
Era coccola al profumo di vaniglia, in
qualche caso un po' aspra, come torta dove il limone a volte
prevaleva e ti faceva venire una smorfia, avresti voluto aggiungervi
dello zucchero, ma poi sotto, sentivi ancora il tepore del suo
affetto immenso, avvolgente, rassicurante.
L'ho scoperto negli anni, mio padre,
togliendo una sfoglia per volta, i contrasti, le discussioni che ci
contrapponevano, come il latte e cioccolato, l'uno bianco e dolce,
l'altro amaro e scuro antagonisti che si completano ma non perdono le
loro caratteristiche, nessuno voleva cedere, e alla fine, vinta dal
timore, dal rispetto che gli portavo, abbassavo la testa ma non
cambiavo opinione e un po' gli portavo rancore.
Poi se n'è andato, lasciando un vuoto
immenso, incolmabile, niente più lampi negli occhi, niente voce che
rimbalzava tra le pareti di casa. Silenzi prolungati, una casa che
mia madre, ha trovato improvvisamente immensa e vuota, troppo
silenziosa, senza di lui si era dilatata nello spazio.
Spariti i dolci, dimenticati gli
stampi e gli attrezzi. Il solo pensiero: una lacrima continua e
dolorosa. Il tempo, attenua, il tempo raffredda i dolori e le torte.
Prendo lo stampo, me lo rigiro tra le
mani, come una reliquia, e mi sembra che lui mi sorrida e annuisca.
Rispolvero le sue ricette e lo porto a
nuova vita, ma non saranno le stesse torte, manca un ingrediente,
quello principale: lui.
A mio padre
Cerco di rammentare
il tuo volto.
E’ memoria ormai.
I tratti, smarriti dal
tempo.
Velati da un ricordo
che addolcisce e leviga
ogni spigolo.
Resta nei pensieri,
l’amaro rimpianto
dell’assenza
e mi cullo
nel tuo amore
eterno.
Per chi volesse conoscere la ricetta, la può trovare qui:
Questa opera è tutelata secondo le condizioni previste da questa licenza creativecommons
Nessun commento:
Posta un commento