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giovedì 15 marzo 2012

La mia Garbatella

Prima della chiusura di Splinder, aiutavo un mio amico, ad aggiornare un blog sulla Garbatella. Molti di coloro che mi seguono, sono amici nati lì, come me. La Garbatella è un quartiere di Roma, reso famoso da film e fiction televisive, che hanno divulgato la sua splendida architettura, denominata Barocchetto.
Per non perdere tutte le notizie raccolte nel tempo, gli articoli scritti, le storie ricostruite e i ricordi appuntati, ho deciso di ripubblicarli su questo blog.



Avrebbe dovuto chiamarsi Borgata Giardino. Per volontà popolare, fu alla fine denominata Garbatella, in onore sembra, di una ostessa garbata che in questo territorio aveva la sua attività.
Nascere alla Garbatella non è nascere in un quartiere qualsiasi di Roma. Si resta colpiti profondamente e si rimane abitante della Garbatella per sempre, anche se la vita ti porta lontano, negli occhi e nella mente restano sempre le sue strade i suoi lotti, l’atmosfera raccolta, un po’ da paese che vi si respira.
La caratteristica che lo distingue da tanti altri quartieri, è il lotto. All’epoca della mia infanzia erano un posto d’incontro e di gioco dei tanti ragazzini che vivevano lì.
Io sono nata ed in parte cresciuta al lotto 8, così come mio padre.
Era un luogo protetto, dai palazzi costruiti in circolo, le uniche vie d’accesso: i due cancelli, quello principale su via Luigi Fincati e quello sul retro.
I tempi erano meno difficili di oggi, sia per la sicurezza, sia perché le mamme non lavoravano, almeno la maggior parte era mamma e casalinga. I  ragazzini erano liberi di scendere nel cortile ed incontrarsi a giocare a qualsiasi ora, senza avere la vita scandita dagli innumerevoli impegni che caratterizzano la vita dei ragazzini di oggi.
Lì, nel cortile, si imparavano i primi rudimenti della socializzazione,  ci si accapigliava per un giocattolo o per chi doveva essere escluso dal gioco, però era anche divertente, bastava un gessetto col quale tracciare lo schema del gioco della campana e passare ore a saltare sulle varie caselle numerate.
Palla al muro, il gioco della corda, dove c’era chi girava la corda e chi saltava sciorinando infinite filastrocche.  La conta era essenziale per la scelta dell’ordine di entrata in gioco. Fu una vera e proprio scuola di vita. I genitori ogni tanto, buttavano l’occhio per controllare i figli. All’ora di pranzo era tutto un chiamare, quasi un appello. Il pomeriggio si ricominciava da capo e la merenda era un fatto sociale che tutti facevano insieme giocando.
In quei pochi anni, i primissimi della mia infanzia, ho imparato a tirare fuori un po’ di grinta. La cacciata dal gioco aveva come conseguenza lacrime a non finire.  E’ stata la prima lezione di vita, ma c’è voluto tempo per imparare a capire e gestirla, soprattutto con l’aiuto materno.
Dal lotto 8, nel 1966, con tutta la famiglia ci trasferimmo in un nuovissimo palazzo, sempre nel quartiere, ma non più in un lotto e lì lasciai tutti i miei amici coetanei. 
Il palazzo era stato costruito nella buca lasciata da una bomba, durante i bombardamenti dell’Ostiense, per fortuna, era caduta alla fine del quartiere, d'allora, in un prato incolto, dove le case finivano con il  lotto del bar delle Tre catene, come veniva chiamato allora, per via delle catene che ne delimitavano l'entrata.  Ancora oggi, gli anziani, chiamo così il locale, che si è trasformato in una tabaccheria. Nella via dove andammo ad abitare, negli anni ’70, passava il tram, e c’erano i binari, che  furono installati, circa nel ‘65-‘66. Ricordo un giorno, che mai più scorderò nella mia vita per le tante sculacciate in cui abbondò mio padre. A sei anni, avevo deciso di andare da sola in una cartoleria poco lontano. Per non sbagliarmi la strada, camminavo saltellando da una traversina all’altra, dato che la strada era stata chiusa proprio per effettuare la messa in posa dei binari.  Felice come una Pasqua, al mio rientro trovai i genitori in panico, ma a quell'età, non si pensa  alle conseguenze delle proprie azioni. La lezione fu dura e sortì l'effetto voluto, non l'ho più dimenticata.
Per parecchi anni, passò sotto casa il tram n. 11,  che attraversava il centro di Roma. Fino agli anni cinquanta, fu l'unico mezzo che collegava il quartiere con la città. Poi venne la metropolitana.
I binari del tram furono fatti smantellare negli anni ’80, quando ormai l’aumento del traffico, aveva fatto diventare quasi impossibile la circolazione su rotaia.

Il centro della nostra vita di bambini, quelli degli anni ’60-70, era la scuola Cesare Battisti, dall’inconfondibile architettura risalente all’epoca fascista. Quando frequentavo le elementari, i fasci littori non c’erano più sui muri esterni, ma se ne intravedeva ancora l’impronta, rimasta sulla vecchia vernice.
Le quattro aquile che sovrastano gli archi sopra i tre grandi portoni d’entrata, sorvegliavano le nostre precipitose entrate e le nostre uscite in fila per due. Il piazzale antistante alla scuola, Piazza Damiani Sauli, la piazza più grande della Garbatella ed il centro di tutto il quartiere, in quegli anni, era un marciapiede ricoperto di brecciolino e circondato dai platani, gli stessi di oggi, ma l’architettura della piazza oggi è molto diversa. Seguendo la strada principale, via Passino, si incontra per prima la Villetta, dove c’era la sede del vecchio Pci che durante il fascismo era stata la casa del fascio. Avremo modo di conoscerne la storia.  Continuando a scendere per via Passino, si arriva al mercato coperto, in ristrutturazione da anni, tra fasi alterne e polemiche politiche.
Era il fulcro commerciale del quartiere, quando ancora non c’erano supermercati e l’unico aperto era la Standa. Entrando vi si trovavano un po’ tutte le merci a prezzi accessibili, specialmente per chi abitando in un quartiere popolare doveva sempre fare i conti con la fine del mese.
Nel fare la spesa, si girava più volte tra i banchi alla ricerca di quello, che aveva i prezzi più convenienti. 


 La parrocchia S. Francesco Saverio, dagli anni ’30, quando è stata costruita, ha visto passare frotte di ragazzini, che frequentavano il catechismo di prima comunione e le messe domenicali delle ore dieci.
Nel 1967 l’anno in cui frequentai io, le lezioni di catechismo si svolgevano tutti i giorni. Così dopo aver pranzato e fatto i compiti scolastici di corsa, si andava alla spicciolata su per la salita, arrivando trafelati alla lezione, tutti con il nostro libretto dalla copertina verde pisello e le domandine da imparare a memoria con le relative risposte, ricordo anche le messe domenicali, che a noi ragazzini sembravano interminabili ed il catechismo dopo la messa, nelle grandi aule laterali della chiesa, che non riuscivano mai a scaldarsi del tutto e dove il freddo ti entrava anche sotto strati di vestiti.
A volte allo spirar del vento, mi sembra di sentire ancora l’odore del tabacco in lavorazione della vecchia manifattura alla Circonvallazione, ora sede del comando vigili urbani di Roma. Spicca ancora, lasciata come archeologia industriale del vecchio quartiere Ostiense, la ciminiera.
Gli odori, impressi nella memoria, fanno parte della mappa del passato. Vengono a galla come schiuma che affiora.
L’odore della mimosa, trasportato dallo sferzante vento di tramontana. La pianta era quella che indorava la stazione della vecchia metropolitana della Garbatella, quando impaziente aspettavo l’arrivo del treno per recarmi nella scuola al centro di Roma.
L’odore delle rose nei lotti, portato dalla brezza tiepida primaverile, le roselline rampicanti bianche che adornavano le cancellate. Si era nel mese di maggio, ed allora noi bambini ne prendevamo qualcuna, sentendoci in colpa, ma spinti al gesto, dall’umile bellezza, troppa, per lasciarle appassire lì, o quello dei gelsomini, così forte da stordire.
L’odore del sugo che sobbolliva nei tegami, che fuoriusciva dalle finestre aperte e sparso nel cortile da quel birichino del ponentino, dove si mescolava a quello della pasta e fagioli o del minestrone. L’odore del bucato appena steso, sventolante sui fili, tirati da una finestra all’altra nei lotti; candide lenzuola di vecchia tela o lino, eredità delle nonne.
Multicolori magliette agitavano le maniche vuote, come bambini festosi.

La mia Garbatella era un quartiere popolare, non alla moda, trattato in quegli anni dal resto della città, come una borgata e visto male. Non c’era tutto l’orgoglio di appartenenza di oggi, anzi, a volte si nascondeva di esserci nati e di abitarci.
Un mondo nel mondo di Roma, che era, il titolo del blog del mio amico d'infanzia, nick name Lotto Otto,  ora purtroppo chiuso per cause di forza maggiore e non riaperto.
Adesso, la Garbatella, è un vanto della città, un piccolo gioiello incastonato nel caos di Roma, che da quartiere considerato borgata è stato promosso a rione storico.  Ricercato da gente famosa o facoltosa, ha costi proibitivi ormai, ma il nucleo è ancora quello di vecchia signora  di una Roma popolare ormai sparita.

5 commenti:

  1. Ho letto con enorme piacere il racconto della tua adolescenza e giovinezza alla Garbatella !! LaGarbatella è il rione dove sono nato molti, molti anni prima di te...Però la descrizione dei luoghi , il profumo degli alberi, il pacato sorriso dei "birbanti" ragazzi mi ha ricordato anche i miei tempi...Io sono nato e ho vissuto per oltre 50 anni negli stessi luoghi....La mia prima casa era, ed è a tuttoggi un insigne esempio di quel magnifico barocchetto a cui tu fai riferimento, costruita dall'Ufficio tecnico dell'Istituto Case Popolari, da un'idea dell'architetto Aschieri uno dei padri nobili, appunto, del barocchetto !!! Si trova in via Carlo Randaccio e per interderci è uno dei villini, con le "loggette", del lotto 52. La strada poi declina dolcemente, con i lati contornati di alberi e sfocia in un "salotto" vero e proprio, lo splendido L.rgo Carlo Randaccio. !!! Ricordo bene, in specie dopo l'ultima guerra, quando giocavamo, tutti con le famiglie a prendere la frescura estiva, nelle strade a Uno monta la Luna, a nasconnarella barattolo, a nizza e all'immancabile campana , ruba bandiera e noi ragazzi alle interminabili partite di calcio, con la palla di pezza confezionata dalle nostre mamme con un vecchio calzino riempito di stracci..Ora, da circa 35 anni sono esiliato, in un quartiere nobile della città, ma quanta nostalgia della nostra irripetibile stagione a Garbatella,,,,A proposito ero un frequentatore del bar delle catene, il cui proprietario era il papa' di un mio compagno di scuola alla allora Michele Bianchi...Ero un alunno della signorina Mannucci, una terribile....virago, sempre in divisa nera da membro del partito fascista... ma aldilà dei modi steretipati del suo ruolo era in fondo una brava donna...Se dovesse interessarti questo ed altro percorso della mia vita a Garbatella sarò, qualora lo desideri ripeto, ben contento di poterti far conoscere aneddoti e storie di quel periodo ormai tanto lontano e.....dissolto, ma sempre vivo nei nostri ricordi,,,,di giventù !!!

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  2. Ho letto con nostalgia, e non ti nego, con un po' di commozione i tuoi ricordi della vita da adolescente alla Garbatella...Sono nato anch'io alla Garbatella, molti molti anni prima di te,dove ho risieduto per circa 50 anni. La prima mia abitazione era in via Carlo Randaccio, al lotto 52, alle villette con le "loggette", un esempio di quel barocchetto cui fai riferimento, costruite dall'Ufficio tecnico dell'I.stituto, su disegno di un esimio architetto che inizio, appunto la carriera a Garbatella, l'architetto Aschieri. Hai senz'altro presente, quella strada che scende in dolce diecesa, contornata da alberi , e arriva in un vero e proprio salotto, Largo Carlo Randaccio dove ci sono due costruzioni alla destra, dirette di Aschieri, anch'esse fornite con accesso di una magnifica corta scalinata.. Che splendidi ricordi: subito dopo la guerra noi bambini giocavamo per le strade, le nostre famiglie prendevano la frescura estiva tutte insieme, tra facezio e batture spiritose fino alla mezzanotte, poi tutti a nanna. D'altrone eravamo, a quell'ora, stanchissimi, dopo aver passato l'intera giornata in patite di calcio con la palla di pezza, confezionata dalle nostre mamme con un vecchio calzINO pieno di "stracci", prima GIà CI ERAVAMO AMPIAMENTE "SFIANCATI" in interminabili giochi a campana, a uno monta la luna, a regina reginella insomma i tutti gli eccezionali divertimenti concessici in quel tempo"fortunato" !!!!Eravamo una grande comunità con problemi vitali anche gravi, ma con un amore reciproco e altrettanto grande solidarietà ....!! Tra latro tu fai riferimento al bar delle catene dove ho trascorso non pochi pomeriggi ì, insieme ad un mio compagno di classe, il cui papà era appunto il proprietario di tale bar !! Anch'io ho frequentato al allora Miche Bianchi....la mia maestra era la signorina Mannucci, una terribile virago sempre in divisa nera dell'allora partito fascista, ma aldilà della sua spavalderia ed il fare burbero ci voleva a tutti molto bene...Ne avrei di aneddoti e storie da raccontare,qualora la cosa ti dovesse interessare, puoi contattarmi e sarai sempre la benvenuta, ci lega infatti questo magnifico filo... ....Un caloroso abbraccio ...P.S. : adesso da 35 anni abito in un quartiere nobile della nostra città ma ricordo, come avrai ben capito, con amore e nostalgia i miei passati alla splendida Garbatella e, quando mi è possibile faccio un salto presso il mio vecchio quartiere, dove oggi abita mio figlio :::!!!!

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  3. Belle descrizioni e bei ricordi. Sono sempre interessata ai racconti e alle piccole storie che fanno poi la Grande storia. La Garbatella è un grande collante, unisce in un tratto unico intere generazioni e ognuna fa parte del percorso storico del quartiere. Se vorrai contattarmi con aneddoti, personaggi episodi questa è la mia posta: mokamilla03@gmail.com. A lato sulla colonna di sinistra ci sono i blog che seguo. Su "La Mia Garbatella" a volte ci scrivo. Potrei pubblicare lì i tuoi racconti a tuo nome, se tu vuoi.

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  4. Abito in un attico del Lotto 8 che si affaccia proprio di fronte al Palladium, eppure detesto questo quartiere diventato sporco e degradato.
    Mi dispiace ma me ne andrei da questo quartiere senza guardarmi indietro, è sporco, degradato e decadente.

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    1. Purtroppo, e lo dico con dolore, non è solo il quartiere ad essere degradato, ma tutta la città che si trova nella medesima situazione.

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