A te navigante...

A te navigante che hai deciso di fermarti in quest'isola, do il benvenuto.
Fermati un poco, sosta sulla risacca e fai tuoi, i colori delle parole.
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martedì 2 ottobre 2012

I colori delle parole

Renoir - Ragazza che si pettina


"La pittura è una poesia muta, e la poesia è una pittura cieca"
Leonardo da Vinci


La sua più grande passione erano le scene dipinte sui quadri, l'arte pittorica dei secoli andati. Amava passare ore in musei deserti, dove l'odore di chiuso occludeva le narici, mescolandosi a sottili e antichi sentori di olio di lino irrancidito.
C'era chi ci aveva passato la vita, davanti ad una tela bianca da riempire, chi l'aveva rischiata per aver ritratto soggetti da inquisizione.
Bianche carni femminili, appena velate da impalpabili stoffe, create a pennello, ridondanti o asessuate come gli angeli, restavano appiccicate sulla tela, in posa, per secoli, incorniciate da case di tarli, porporinate in ori posticci su intagli barocchi.
Egli carpiva la scena reale, quella che secoli prima, aveva animato la mano dell'artista. Chi c'era al di qua della tela oltre alla modella e al pittore?
S'immaginava, soggetto invisibile, vivo, anch'egli nel quadro, che aspirava gli odori aspri dei solventi, mentre qualcuno impastava polveri colorate triturando pietre.
A guardarlo era anch'egli un soggetto immobile, un quadro tra i quadri, difficile immaginare cosa vedesse nell'immobilità secolare, di un gesto restato incompiuto, di un sospiro che aveva sollevato un petto ridondante, o fermato lo scintillio di un gioiello e un frusciare di sete.
Aveva portato con sé, una volta, pennello e tela, voleva provare l'emozione di saper fermare il tempo nei gesti, ma non aveva nessun talento, tranne le parole.
Decise di dipingere con quelle. Verbi, soggetti, aggettivi, mescolati insieme come polveri colorate, potevano fermare il tempo di un'immagine ma avrebbero fatto entrare il lettore, dentro il quadro, coinvolgendolo con altri sensi. A parole si potevano fermare l'udito, il tatto, l'odorato e forse anche il gusto. Non c'era bisogno d'altro, soltanto di parole. Sarebbero restate lì, per tanto tempo, forse per secoli, divenendo vive ad ogni lettura.
La tela, una pagina bianca, il pennello una penna e nero inchiostro, unico colore che si concesse, ma che sarebbe diventato, nelle sue mani di ogni sfumatura dell'iride.

Bianco
come lo scintillio dei denti, che appena s'intravedevano attraverso il sorriso della ragazza. Poi il viso prese forma nella mente, era reale, in carne ed ossa davanti a lui. Lieve, un rossore appena accennato sulle gote, ne illuminava il volto, infantile nei tratti. Gli occhi, nello stupore dell'infanzia, avevano un so che di malizioso, mentre si spazzolava i capelli, guardando davanti a sé, osservando l'artista. La luce si rifletteva sulle chiome d'un biondo mielato, dove il giallo si mescolava al marrone con leggeri toni rosati.
Una mano, ella, la teneva in grembo, scoprendo appena un polso, ornato di perle bianche, su una pelle avorio, un bianco puro, leggermente sporcato di una punta di giallo.
Rosso
scarlatto, sulle labbra maliziose, di una tonalità più scura dell'abito che indossava.
La seta purpurea, catturava luci e ombre nelle pieghe, e, ogni volta che passava la spazzola nei capelli, emetteva un fruscio. Si aspirava un profumo lontano di gelsomino e magnolia, proveniente dal giardino, che s'intravvedeva dalla finestra alle spalle, quella da cui proveniva la luce che illuminava la scena.
Verde
lucente come le foglie dell'albero di magnolia che riempiva la finestra sullo sfondo, andando a fondersi con l'azzurro cobalto di un cielo sereno.
Sulla destra, una bambina, di circa sette od otto anni, era seduta al pianoforte, le note, stentate, uscivano dai tasti, ripetute all'infinito.
Arancio
il vestito della bimba, spiegazzato dal sedile di velluto cremisi, le arrivava alle caviglie dalle quali spuntavano delle calze scure, di un bruno bruciato. A volte nelle ombre delle pieghe della gonna, il rosso prevaleva sul giallo, con un punta di marrone.
I capelli, corvini, raccolti da un nastro, dello stesso colore dell'abito, avevano riflessi illuminati, lì, dove la luce della finestra, vi batteva sopra.
Il Rosa
pallido di una tovaglietta, riccamente ricamata di bianco, faceva mostra, su un tavolo in salotto, apparecchiato per il tè.
Fini porcellane, di un tenue color avorio dai minuscoli fiori rosa antico, vi erano posate sopra.
Il profumo dei dolci d'accompagnamento al tè e appena sfornati, riempiva l'aria, facendo venire l'acquolina in bocca.
Marrone
e profumato il cioccolato che ricopriva i pasticcini, sporcò le dita della bimba, che si era concessa una pausa dalla sua lezione di musica. La ragazza le lanciò uno sguardo di disapprovazione, temendo si sporcasse il vestito prezioso, messo apposta per l'occasione del ritratto.
Argento
il cucchiaino, tintinnava nella tazza, e il tè fumante dava un riflesso ambrato alla porcellana visibile.
La ragazza ne bevve un sorso, reggendo la tazza con fare vezzoso, tenendo il mignolo leggermente alzato.
Ne fu offerta una tazza all'artista, che fuori dalla scena, immaginava dettagli e particolari, mescolando, virgole e punti, con verbi e innumerevoli aggettivi.
Ormai il bianco del foglio era completamente sparito, dinnanzi agli occhi del lettore, non c'erano parole in bianco e nero ma una meravigliosa scena, sfumata nei colori, riempita di suoni e profumi.
Non solo l'artista, era fuori dalla scena ma vivo nei dettagli, ora era entrato in essa anche il lettore come soggetto principale, colui che avrebbe dovuto dare il giusto tono ai colori e il volto alla ragazza del quadro.






Colori, bagliori e cupezze dell’anima,
stese sulla tela della vita
intessute dal trascorrere del tempo.
Trasmettono emozioni lontane,
espandendo i sensi.
Celate in polverose stanze,
dove il passato
le trasla in storia.




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