A te navigante...

A te navigante che hai deciso di fermarti in quest'isola, do il benvenuto.
Fermati un poco, sosta sulla risacca e fai tuoi, i colori delle parole.
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mercoledì 10 ottobre 2012

Fiumi di parole


Munch - L'urlo




Succede nella vita che si sia costretti a intavolare conversazioni a cui non si vorrebbe partecipare, certe volte è impossibile sfuggirvi.
Cosa succede quando, oltre alla conversazione che non c’interessa, s’incontra nell’interlocutore, il logorroico?
Personaggio piuttosto sgradevole, ci si accorge subito, appena apre bocca, che il suo corpo, non è fatto di sangue e carne.
Nelle loro vene, scorrono parole. Verbi, avverbi, particelle pronominali, coniugazioni al passato, presente e futuro, a volte anche futuro anteriore, se sono abbastanza bravi, usano i congiuntivi, altrimenti perifrasi che ti fanno rizzare i capelli dietro alla nuca, come avessi sentito unghie graffiare una lavagna. Escono dalla loro bocca, dapprima con caratteri minuscoli, stanno saggiando il terreno, poi se hanno acchiappato il pollo, quello che a bocca aperta li sta a sentire, allora in quel caso, da un carattere 8, magari Times new Roman, possono passare anche ad un buon 14 addirittura in grassetto.
Le virgole, i punti e virgola, i due punti ma soprattutto i punti, non esistono nella loro dotazione.
Parlano, e straparlano, in totale apnea e potrebbero, per il tanto allenamento, scendere oltre i 100 metri in immersione sott’acqua.
Chi sta dall’altra parte, vede uscire un filo lunghissimo, che dalla bocca del logorroico, entra nelle sue orecchie ormai provate.
Quanto proprio, il logorroico, non ce la fa più, nel momento che s’ode il risucchio dell’aria aspirata con forza, prima di riprendere quota, “l’altro”, cerca d’immettersi nella conversazione. Fin lì, ha inizialmente cercato di ascoltare, poi, quando le sue orecchie erano divenute ormai troppo sature, otturate da boli di parole, è entrato in stand by, ha spento le spie luminose nel cervello, quelle delegate all’ascolto. Continua ad annuire, fa il manichino, un fantoccio meccanico che dice sempre sì, immette ogni tanto un “certo”, per poi finire con “hai ragione” ma su cosa, non sa.
E’ allora che il logos, erompe. Il soggetto per forzarne l’uscita, tossisce, l’aria in gola s’è aggrovigliata alla parola. Tossisce e alza la mano, come la paletta del vigile quando ti chiede: concilia? In questo caso è lui che non concede un secondo all’interlocutore.
La mano alzata l’avrebbe voluta mettere sulla bocca dell’altro, come a dire: “Osi interrompermi?”
L’altro tenta di far uscire una preposizione semplice, piccola, insignificante, miserrima ma quella s’impunta, come il mulo che non vuol più camminare, impaurita dalla prepotenza di quella mano che è rimasta lì, di fronte alla bocca. Tutti i verbi, i nomi, gli articoli che la seguivano in fila indiana, cozzano gli uni contro gli altri, s’ingarbugliano a formare un gomitolo che non vuole più uscire e insieme alla saliva, viene ingoiato di nuovo.
A volte la conversazione era partita con tre soggetti. I due ignari, si trovano a dover udire, badate bene, non ascoltare, l’incontinenza di un monologo.
Bisbigliando, a voce bassissima, come fossero in un luogo sacro, provano a dialogare tra loro, continuando a fissare il chiacchierone, annuiscono, emettono a voce alta le parole giuste al momento giusto. Sperano così, di distrarlo e farla franca, cercano di fare due scambi di parole.
Il tentativo viene immediatamente sventato. Il terzo incomodo, a quel punto, tra una ispirazione alla ricerca di aria, e una tosse stizzosa causata dall’iperventilazione, alza improvvisamente il volume. Uno stereo impazzito, dalle cui casse armoniche, escono alti troppo alti e bassi infimi.
Ai due non resta che ingoiare di nuovo il boccone amaro, continuando ad annuire alla disperata ricerca dell’escamotage, il cavallo di troia, l’idea machiavellica, quella che guardando l’orologio fa dire: “Oh come è tardi” e senza aspettare risposta, mettersi a correre con tutto il fiato accumulato in cotanta “conversazione”.
Oggi mi è capitata proprio una situazione di questo tipo, un trio, che invece avrebbe voluto essere un duo, il il quale aveva le bocche incollate con la colla e una mano parata davanti.
Gurdare l'orologio non è servito a nulla, la "sua" bocca, non s'è fermata, alla fermata dell'autobus. E' stato quest'ultimo che provvidenzialmente, mosso a pietà ha aperto sbuffando le portiere.

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