A te navigante...

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lunedì 17 dicembre 2012

E' Natale. Pace, amore e fratellanza?




Ci siamo, di nuovo.
Gli addobbi sono pronti, i regali, i menù, le luci scintillanti. Siamo quasi a Natale.
Ricomincia la retorica, donate, donate fino allo sfinimento. Le cassette postali, si riempiono di vaglia a cui manca soltanto la cifra da apporre. Sedicenti associazioni umanitarie, il cui nome appare tra visi di bimbi africani denutriti. Decine di volontari cercano di acchiapparti per la giacchetta all’angolo di una strada, alla fermata della metro, mentre aspetti al semaforo. Ti chiedono un minuto del tuo preziosissimo tempo, per snocciolare la sfilza di opere benefiche. Se passi e non ti fermi, sei un uomo senza cuore. I bimbi denutriti dagli occhi tristi ti guardano dalle foto: Sciagurato! Tu mangi e ti diverti, noi qui a morire di fame. Per un giorno l’anno, lo puoi fare, scaricarti la coscienza e aprire il portafoglio. E’ Natale, siamo tutti buoni! Sarà poi vero, che i bimbi denutriti avranno un pasto in più? 
In questi tristi tempi di furbi incalliti, ti viene anche di pensare che ben altre tasche verranno rimpinguate dalla tua generosità.
Si allunga una banconota grigiastra di carta filigranata , rovistata per un po’ nel portafoglio, quella che s’era nascosta tra le pieghe, tra banconote di ben altra pezzatura, ma il tizio la guarda come gli avessi messo tra le mani un ragno immondo. Solo questo? A te sembrava già abbastanza. Annuisci a testa bassa.
Corse sfrenate tra clacson impazziti, imbottigliati in un traffico compatto, che non lascia passare neanche uno spillo. Compatti s’avanza, compatti si ci ferma, si avanza di nuovo, imprecando e maledicendo il fatto di essere lì.
Un inferno costituito da gironi danteschi infiniti. Gli acquisti tra spintoni e prepotenti, le file alle casse dei supermercati con l’orologio le cui lancette sono sicuramente rotte: corrono troppo. Si sbuffa, s’impreca e si litiga per nulla. Per una parola, per una prepotenza che non si vuol subire, per la troppa gente che s’accalca, perché c’ero prima io, perché come si permette…
Nervosi persino i commessi che indossano sorrisi professionali assieme alla divisa, al grembiule, al cappellino da Babbo Natale con la lucina in cima.
Fuori, per strada, suonano le cornamuse. Un suono lontano, retaggio di antiche pastorali adoranti il Bambino. Nessuno le ascolta, neanche loro si ascoltano più.
Le strenne s’ammassano sotto alberi di plastica, illuminati da minuscole piccole stelle artificiali, ora sì, ora no. Scandiscono i minuti che ancora mancano alla fatidica data.
Finestre illuminate a giorno, dai colori accesi, mostrano moderne stelle comete che hanno smarrito la via.
Ad ogni angolo di strada, mendicanti laceri. Medievali mani tese che non incontrano più nessuna pietà o timor di Dio. Guardati con sdegno e fastidio, le teste si girano dalla parte opposta. Non si può sciupare lo scintillio con l’insana vista.
Anche loro, i mendicanti, fanno parte del gioco. Sanno che qualche coscienza si scuoterà, riempiendo il cappello con monetine minuscole e effimere, che tacitano le coscienze e fanno allineare lo spirito al periodo.
Noi, al caldo delle nostre case, con il brodo fumante al tortellino ripieno, come le pance dopo i luculliani pasti. Si aprono i pacchi infiocchettati, contenenti cose piuttosto inutili, che si ricicleranno alla prima occasione, nel migliore dei casi. Molti brilleranno gli ultimi bagliori di una festa ormai al termine, nei cassonetti, assieme alle carte gettate, agli abeti seccati, ai resti dei pranzi troppo ricchi per poterli consumare tutti.
Attorno a quei cassonetti che non verranno svuotati che a festa finita, brulicano disperati alla ricerca di qualche briciola rimasta.
Pace, amore e fratellanza ma riempiamoci la pancia. E’ questo il Natale di oggi? Le famiglie si riuniscono per commemorare la Celestiale nascita. Forse era così in tempi antichi, quando la parola famiglia aveva un significato profondo  e quando c'era fede e fratellanza, o forse sono io, illusa dalle storie imparate a scuola o sui libri. Ora ci si riempie la bocca con tale parola, la si usa a sproposito ma davanti la tavola imbandita dalla tovaglia rossa, s'incontrano persone che non si vedono dal Natale passato. Non hanno nulla da dirsi e forse è meglio così, perchè certi incontri, a volte, riesumano antichi rancori familiari.

Le chiese hanno già cominciato da tempo ad allestire presepi con acque cristalline. Piccoli fiumi in miniatura bagnano personaggi immobili ed impassibili. Anche il Bambino s’è pietrificato. Non sgambetta allegramente nella mangiatoia. E’ lì fermo, statico, con la gambina in aria e le guance paffutelle, rese rosee da un pennello artificiale.
Maria, i Magi, i pastorelli e la musica di sottofondo, tutto come allora, come la tradizione tramanda, come è nelle Scritture. Non tutto è come allora, nulla è come allora.
 Dov’è l’Astro del Ciel della musichetta registrata? L’abbiamo gettato in uno scatolone polveroso, in fondo ad una buia cantina. Lo tiriamo fuori una volta l’anno e assieme a lui, lustriamo le nostre coscienze.
Voglio sperare che per una volta, una soltanto, qualcuno si soffermi su quel piccolo Bambino di coccio, e lo faccia tornare vivo e sgambettante.


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