Max, come si faceva chiamare, per dare
un tocco esotico al suo nome dal sapore antico, Massimiliano, abitava
in una casetta, l'ultima, in cima alla collina, in un paesino sulle
colline umbre.
Per arrivarci, la strada era stretta,
un viottolo sterrato, che percorreva un tratto panoramico mozzafiato.
La scarpata sottostante era ricoperta di larici e lecci che
ombreggiavano timide felci e i bottoni rossi dei lamponi.
Sotto, si apriva la valle, dai campi
coltivati, tagliati di netto dal torrente che scendeva giù dalle
rocce.
La casa di Max, era molto vecchia,
ereditata dalle passate generazioni e lasciata intatta. Sul tetto
crescevano fili d'erba che d'estate diventava giallo paglia.
Le vecchie mura, scrostate, lasciavano
intravedere parti di pietra collinare, lì dove l'intonaco, d'un
colore ormai indefinito, scivolando a terra, le aveva denudate.
Dentro, una stanza in cui dominava un
grande focolare, usato in passato per cucinare ma ormai relegato a
contenitore di fuochi umidi.
Tutto il paese, conosceva la casa di
Max, pochi ci andavano per via del suo proverbiale carattere
scontroso.
Non salutava mai, se veniva incrociato
nel bosco, lasciava all'altro, il messaggio di uno smorfia sul viso,
che voleva significare di non avvicinarsi di più, anche lui,
incastonato nelle rocce millenarie.
Per anni, rari erano stati i
visitatori.
Negli ultimi tempi, però, qualcosa
stava cambiando. Qualcuno, ogni tanto, osava.
Le ipotesi sullo strano via vai di
gente, si erano moltiplicate e ormai non si parlava d'altro.
Chiacchiere alimentate dalla scontrosità del personaggio e
dell'ubicazione della sua dimora, non lontana da una grotta, in cui
si diceva, erano stati fatti in un passato remoto, riti pagani e poi
streghe e demonio nel medioevo vi si erano incontrati. Così dicevano
le comari del paese, facendo il segno della croce al solo nominare il
luogo.
Si diceva che nella casina, ci fosse
una stanza segreta, collegata alla grotta, e lì le ipotesi
scivolavano nella fantasia sfrenata.
C'era davvero una stanza segreta? Gli
scettici, tacitavano le pettegole del paese, dicendo che c'era stato
sì, un locale scavato nella roccia ma era la cantina dei nonni di
Max, i più vecchi ricordavano di averci sorseggiato del vino
novello.
Nessuno in paese aveva abbastanza
coraggio per affrontare Max al riguardo.
Un giorno, giunse uno straniero, dalla
vicina città. Si diceva provenisse d'oltreoceano, venuto lì,
proprio per incontrarlo.
Le occhiate si soffermavano sul
soggetto, ne indugiavano nei particolari, risultando moleste e
sfrontate.
Lui, non se ne curava, facendo domande
in stentato italiano. La gente, fingeva di non capirlo e non gli
rispondeva, solo alcuni, incuriositi dal personaggio, provarono a
chiedere, in cambio di risposte.
Cercava la casina in cima alla collina,
aveva sentito parlare di Max.
Cosa poteva conoscere lo straniero che
tutto il paese non sapeva?
Qualcuno, in cerca di funghi, lo vide
percorrere a falcata da montanaro, lo stretto viottolo
in salita, fischiettando un motivo sconosciuto.
Max, era seduto davanti al fuoco, la
casa era sempre fredda, anche d'estate. Intagliava un ramo, cercando
di dargli una forma zoomorfa.
Sentì dei colpi alla porta, riluttante
si alzò, maledicendo il malcapitato.
Si trovò davanti lo straniero. I due
si soppesarono per alcuni infiniti minuti, scrutandosi negli occhi e
scendendo pian piano in tutta la lunghezza della persona, fin alla
punta dei piedi.
Max non accennò a nessuna cortesia e
ospitalità, facendo restare lo straniero sulla soglia.
L'altro sfoderò un sorriso per
accattivarsene l'attenzione, ma Max restò imbronciato, con la pipa
stretta tra i denti.
Lo straniero, gli chiese di poter
entrare, che aveva da fargli alcune domande. Lui, non si fece da
parte, non si mosse, né fece alcun cenno d'intesa.
Lo fissò negli occhi, ancora una volta
e capì.
Si scostò dall'uscio, facendosi da
parte, lo fece entrare senza riluttanze.
E la porta si richiuse.
Nessuno dei due parlò, non ce ne fu
bisogno. Max, sapeva valutare i bisogni di chi osava varcarne la
soglia.
I due scesero, una scala di pietra
scivolosa. Max, scendeva sicuro, l'altro incerto, timoroso di cadere.
Max non si girò, né rallentò la discesa.
Giunti in fondo alla scala si apriva
una stanza, quella che aveva acceso le fantasie dei paesani.
Specchi opachi, ne ricoprivano le
quattro pareti, tutte perfettamente quadrate. S'intravedevano ancora
i posti dove avevano poggiato le botti di vino.
Dal soffitto scendevano maschere, dai
volti inerti, in attesa di essere indossate.
Alcune, antiche, somigliavano ai
mascheroni romani, altre impalpabili non avevano forma.
Lo straniero veniva dal cinema
hollywoodiano?
Max, era ben cosciente che altre
fossero le sue esigenze.
Si fermarono entrambi, davanti alle
maschere. Cartellini, scritti da Max, per individuare il soggetto
adatto al compratore erano applicate a ciascuna.
Maschera dell'arroganza
Solitamente
indossata da pavidi, privi di qualità insite, detentori di potere,
desiderosi di raggiungere obiettivi altrimenti molto lontani dal
soggetto.
Maschera dell'ipocrisia
Untuosa al tatto,
incline al sorriso forzato, adatta ai ruffiani. Indossata da
individui desiderosi di manipolare soggetti inclini ad essere
adulati.
Maschera dell'invidioso
Inizialmente di
colore verde, s'adatta ai soggetti inclini ad anelare il possesso di
beni e qualità altrui. Ne accentua il livore mascherandolo in varie
sfumature: indifferenza, disprezzo, dileggio.
Maschera del mentitore
Adatta a soggetti
che repellono la realtà. Accentua la creatività dei cambiamenti di
opinioni altrui. Versatile, aiuta il soggetto nella smentita, nel
vittimismo e nella distruzione dell'avversario o nemico.
Sovrapponibile con sovrapprezzo alla maschera dell'ipocrisia e
dell'invidioso.
Maschera della mancanza di scrupoli
Adatta ai soggetti
privi di coscienza ed etica, ad arrampicatori sociali, manager
rampanti, finanzieri e governanti. Accentua l'egoismo, avvicina gli
obiettivi prefissati da chi la indossa, cancellando rimorsi
eventuali. Da indossarsi con la maschera dell'arroganza con un
piccolo sovrapprezzo.
Maschera del truffatore
Solitamente
indossata da soggetti il cui obiettivo principale è il denaro. Aiuta
nella fase creativa, nell'individuazione di soggetti deboli, nello
scansare ritorsioni legali. Da indossarsi alla maschera della
mancanza di scrupoli con un sovrapprezzo variabile all'intensità
delle aspettative di guadagno.
Maschera del menefreghista
Amplifica nei
soggetti adatti, l'attenzione sui propri bisogni, lasciandoli
indifferenti alle conseguenze delle proprie azioni e alla sorte
altrui. Viene anche detta maschera dell'egoista per ovvie ragioni.
Maschera dell'oblio
Da indossare nel
caso, tutte le altre maschere non abbiano dato gli effetti
desiderati. Rende invisibili, cancella le memorie altrui alle azioni
nefaste dell'indossatore, cancella le colpe e ne evita condanne.
Esigere la restituzione delle somme pagate in precedenza. Costo zero
a titolo risarcitorio.
Molte altre erano
le maschere esposte, tutte adattabili con indicazioni precise al
volto del compratore.
Le pareti
specchio, apparentemente opache, riflettevano in pieno le qualità
decantate una volta indossata la maschera scelta.
Max si diresse
deciso. Ne staccò una dal chiodo da cui pendeva, trasparente, magica
e inerte. La porse allo straniero. Questi, prima d'indossarla la
soppesò, l'annusò, la rigirò tra le mani, incredulo
sull'efficacia.
Max lo spinse ad
indossarla. Sullo specchio si riflesse il volto dello straniero,
trasfigurato, come tutta la sua persona. Appariva molto diverso da
come era entrato. Pagò il pattuito, ma la merce di Max non si
pagava in denaro.
Il mascheraio,
aveva stabilito il prezzo in base alla prestazione scelta ed era
sempre molto alto, dentro il contratto di vendita, c'era una postilla
minuscola, dai più ignorata.
In un mondo, dove
le maschere diventavano sempre più richieste, egli avrebbe dovuto
essere ricchissimo, ma così non era, l'aspetto quasi fatiscente
della sua casa lo testimoniava.
Il denaro era
tutto ciò che i suoi clienti anelavano, non più mezzo di scambio ma
possesso fine a sé stesso, fonte di potere e causa di azioni
nefaste.
Max questo l'aveva
capito da tempo e sfruttava le umane debolezze. Egli esigeva come
pagamento, la dignità, lo scrupolo e la coscienza del compratore,
glieli toglieva, in parte o tutti.
Di un uomo
restavano soltanto avidità e aridità morale, un mostro in una
società che andava riempiendosi di maschere di gomma.
Max, il mascheraio
misantropo, si vendicava così degli odiati esseri umani. Chi ne
conosceva la dote, lo considerava diabolico, qualcuno, lo considerava
un santo.
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