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mercoledì 16 gennaio 2013

Il mascheraio misantropo



Questo racconto ha vinto il Primo premio Concorso letterario Ripa Grande 2014



Max, come si faceva chiamare, per dare un tocco esotico al suo nome dal sapore antico, Massimiliano, abitava in una casetta, l'ultima, in cima alla collina, in un paesino sulle colline umbre.
Per arrivarci, la strada era stretta, un viottolo sterrato, che percorreva un tratto panoramico mozzafiato. La scarpata sottostante era ricoperta di larici e lecci che ombreggiavano timide felci e i bottoni rossi dei lamponi.
Sotto, si apriva la valle, dai campi coltivati, tagliati di netto dal torrente che scendeva giù dalle rocce.
La casa di Max, era molto vecchia, ereditata dalle passate generazioni e lasciata intatta. Sul tetto crescevano fili d'erba che d'estate diventava giallo paglia.
Le vecchie mura, scrostate, lasciavano intravedere parti di pietra collinare, lì dove l'intonaco, d'un colore ormai indefinito, scivolando a terra, le aveva denudate.
Dentro, una stanza in cui dominava un grande focolare, usato in passato per cucinare ma ormai relegato a contenitore di fuochi umidi.
Tutto il paese, conosceva la casa di Max, pochi ci andavano per via del suo proverbiale carattere scontroso.
Non salutava mai, se veniva incrociato nel bosco, lasciava all'altro, il messaggio di uno smorfia sul viso, che voleva significare di non avvicinarsi di più, anche lui, incastonato nelle rocce millenarie.
Per anni, rari erano stati i visitatori.
Negli ultimi tempi, però, qualcosa stava cambiando. Qualcuno, ogni tanto, osava.
Le ipotesi sullo strano via vai di gente, si erano moltiplicate e ormai non si parlava d'altro. Chiacchiere alimentate dalla scontrosità del personaggio e dell'ubicazione della sua dimora, non lontana da una grotta, in cui si diceva, erano stati fatti in un passato remoto, riti pagani e poi streghe e demonio nel medioevo vi si erano incontrati. Così dicevano le comari del paese, facendo il segno della croce al solo nominare il luogo.
Si diceva che nella casina, ci fosse una stanza segreta, collegata alla grotta, e lì le ipotesi scivolavano nella fantasia sfrenata.
C'era davvero una stanza segreta? Gli scettici, tacitavano le pettegole del paese, dicendo che c'era stato sì, un locale scavato nella roccia ma era la cantina dei nonni di Max, i più vecchi ricordavano di averci sorseggiato del vino novello.
Nessuno in paese aveva abbastanza coraggio per affrontare Max al riguardo.
Un giorno, giunse uno straniero, dalla vicina città. Si diceva provenisse d'oltreoceano, venuto lì, proprio per incontrarlo.
Le occhiate si soffermavano sul soggetto, ne indugiavano nei particolari, risultando moleste e sfrontate.
Lui, non se ne curava, facendo domande in stentato italiano. La gente, fingeva di non capirlo e non gli rispondeva, solo alcuni, incuriositi dal personaggio, provarono a chiedere, in cambio di risposte.
Cercava la casina in cima alla collina, aveva sentito parlare di Max.
Cosa poteva conoscere lo straniero che tutto il paese non sapeva?
Qualcuno, in cerca di funghi, lo vide percorrere a falcata da montanaro, lo stretto viottolo in salita, fischiettando un motivo sconosciuto.
Max, era seduto davanti al fuoco, la casa era sempre fredda, anche d'estate. Intagliava un ramo, cercando di dargli una forma zoomorfa.
Sentì dei colpi alla porta, riluttante si alzò, maledicendo il malcapitato.
Si trovò davanti lo straniero. I due si soppesarono per alcuni infiniti minuti, scrutandosi negli occhi e scendendo pian piano in tutta la lunghezza della persona, fin alla punta dei piedi.
Max non accennò a nessuna cortesia e ospitalità, facendo restare lo straniero sulla soglia.
L'altro sfoderò un sorriso per accattivarsene l'attenzione, ma Max restò imbronciato, con la pipa stretta tra i denti.
Lo straniero, gli chiese di poter entrare, che aveva da fargli alcune domande. Lui, non si fece da parte, non si mosse, né fece alcun cenno d'intesa.
Lo fissò negli occhi, ancora una volta e capì.
Si scostò dall'uscio, facendosi da parte, lo fece entrare senza riluttanze.
E la porta si richiuse.
Nessuno dei due parlò, non ce ne fu bisogno. Max, sapeva valutare i bisogni di chi osava varcarne la soglia.
I due scesero, una scala di pietra scivolosa. Max, scendeva sicuro, l'altro incerto, timoroso di cadere. Max non si girò, né rallentò la discesa.
Giunti in fondo alla scala si apriva una stanza, quella che aveva acceso le fantasie dei paesani.
Specchi opachi, ne ricoprivano le quattro pareti, tutte perfettamente quadrate. S'intravedevano ancora i posti dove avevano poggiato le botti di vino.
Dal soffitto scendevano maschere, dai volti inerti, in attesa di essere indossate.
Alcune, antiche, somigliavano ai mascheroni romani, altre impalpabili non avevano forma.
Lo straniero veniva dal cinema hollywoodiano?
Max, era ben cosciente che  altre fossero le sue esigenze.
Si fermarono entrambi, davanti alle maschere. Cartellini, scritti da Max, per individuare il soggetto adatto al compratore erano applicate a ciascuna.

Maschera dell'arroganza
Solitamente indossata da pavidi, privi di qualità insite, detentori di potere, desiderosi di raggiungere obiettivi altrimenti molto lontani dal soggetto.

Maschera dell'ipocrisia
Untuosa al tatto, incline al sorriso forzato, adatta ai ruffiani. Indossata da individui desiderosi di manipolare soggetti inclini ad essere adulati.

Maschera dell'invidioso
Inizialmente di colore verde, s'adatta ai soggetti inclini ad anelare il possesso di beni e qualità altrui. Ne accentua il livore mascherandolo in varie sfumature: indifferenza, disprezzo, dileggio.

Maschera del mentitore
Adatta a soggetti che repellono la realtà. Accentua la creatività dei cambiamenti di opinioni altrui. Versatile, aiuta il soggetto nella smentita, nel vittimismo e nella distruzione dell'avversario o nemico. Sovrapponibile con sovrapprezzo alla maschera dell'ipocrisia e dell'invidioso.

Maschera della mancanza di scrupoli
Adatta ai soggetti privi di coscienza ed etica, ad arrampicatori sociali, manager rampanti, finanzieri e governanti. Accentua l'egoismo, avvicina gli obiettivi prefissati da chi la indossa, cancellando rimorsi eventuali. Da indossarsi con la maschera dell'arroganza con un piccolo sovrapprezzo.

Maschera del truffatore
Solitamente indossata da soggetti il cui obiettivo principale è il denaro. Aiuta nella fase creativa, nell'individuazione di soggetti deboli, nello scansare ritorsioni legali. Da indossarsi alla maschera della mancanza di scrupoli con un sovrapprezzo variabile all'intensità delle aspettative di guadagno.

Maschera del menefreghista
Amplifica nei soggetti adatti, l'attenzione sui propri bisogni, lasciandoli indifferenti alle conseguenze delle proprie azioni e alla sorte altrui. Viene anche detta maschera dell'egoista per ovvie ragioni.

Maschera dell'oblio
Da indossare nel caso, tutte le altre maschere non abbiano dato gli effetti desiderati. Rende invisibili, cancella le memorie altrui alle azioni nefaste dell'indossatore, cancella le colpe e ne evita condanne. Esigere la restituzione delle somme pagate in precedenza. Costo zero a titolo risarcitorio.

Molte altre erano le maschere esposte, tutte adattabili con indicazioni precise al volto del compratore.
Le pareti specchio, apparentemente opache, riflettevano in pieno le qualità decantate una volta indossata la maschera scelta.
Max si diresse deciso. Ne staccò una dal chiodo da cui pendeva, trasparente, magica e inerte. La porse allo straniero. Questi, prima d'indossarla la soppesò, l'annusò, la rigirò tra le mani, incredulo sull'efficacia.
Max lo spinse ad indossarla. Sullo specchio si riflesse il volto dello straniero, trasfigurato, come tutta la sua persona. Appariva molto diverso da come era entrato. Pagò il pattuito, ma la merce di Max non si pagava in denaro.
Il mascheraio, aveva stabilito il prezzo in base alla prestazione scelta ed era sempre molto alto, dentro il contratto di vendita, c'era una postilla minuscola, dai più ignorata.
In un mondo, dove le maschere diventavano sempre più richieste, egli avrebbe dovuto essere ricchissimo, ma così non era, l'aspetto quasi fatiscente della sua casa lo testimoniava.
Il denaro era tutto ciò che i suoi clienti anelavano, non più mezzo di scambio ma possesso fine a sé stesso, fonte di potere e causa di azioni nefaste.
Max questo l'aveva capito da tempo e sfruttava le umane debolezze. Egli esigeva come pagamento, la dignità, lo scrupolo e la coscienza del compratore, glieli toglieva, in parte o tutti.
Di un uomo restavano soltanto avidità e aridità morale, un mostro in una società che andava riempiendosi di maschere di gomma.
Max, il mascheraio misantropo, si vendicava così degli odiati esseri umani. Chi ne conosceva la dote, lo considerava diabolico, qualcuno, lo considerava un santo.

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