Capitolo 1
Era una bella mattina di sole, come ce ne sono tante a Roma. Loretta percorreva la tangenziale, piena zeppa di traffico. L’autoradio era accesa su una frequenza a caso e stava trasmettendo il bollettino sul traffico cittadino. Lo speaker, stava cercando di districarsi tra sensi unici, cantieri aperti ed ingorghi mattutini.
Loretta neanche lo stava ad ascoltare, tanto sapeva bene che a quell’ora bollettini sulla viabilità o no, ci si doveva armare di tanta pazienza.
Dopo aver imboccato la Tangenziale, Loretta, avanzava con passo di tartaruga, ingranando la prima e la seconda, un colpetto al freno ed uno all’acceleratore. Giunse finalmente a S. Lorenzo, il quartiere nel quale lavorava da qualche anno. Conosceva tutte le scorciatoie ed avrebbe potuto anche guidare ad occhi chiusi.
Era calma e positiva, aveva capito che era inutile farsi prendere dall’ansia del tempo e dal traffico. Aveva smesso già da un pezzo di guardare l’orologio - Al diavolo! – pensò.
Se Lucio, il suo capo, avesse alzato la voce per il ritardo, avrebbe fatto un bel sorriso spiazzante.
Il suo ufficio si trovava al primo piano di un vecchio palazzo, posto in una strada stretta e a senso unico. Loretta scriveva articoli per un giornale locale on-line, insieme a lei lavoravano: Livia l’unica altra giornalista, addetta alla cronaca locale, nel senso che s’interessava di tutto quello che succedeva nel quartiere e dintorni e Gregorio, fotografo di moda fallito che Lucio aveva assunto più per amicizia, che per le sue reali capacità professionali. Probabilmente nella decisione del capo, aveva influito anche il basso stipendio che gli pagava e che lui aveva accettato senza contrattazioni, eternamente grato per l’occasione che gli era stata offerta.
- Buongiorno ragazzi, sempre musoni come al solito? – Chiese Loretta, mentre entrava con passo elastico e disinvolto. Simulava una certa noncuranza, certa di riuscire così a non far notare il suo ritardo ma intanto con lo sguardo cercava la presenza di Lucio, pronta a snocciolare qualche scusa ed un bel sorriso da un orecchio all’altro.
Per sua fortuna Lucio, era uscito con un suo amico giornalista. Fu Gregorio a fare la rivelazione a Loretta.
- Puoi anche riappropriarti della tua solita espressione insoddisfatta, Lucio non c’è. A proposito non è che sei un tantino in ritardo?
Lei lo fulminò con lo sguardo ed ignorando la domanda si diresse verso la macchina per il caffè espresso, che il capo aveva acquistato per evitare le continue uscite dei suoi dipendenti in direzione del bar all’angolo.
- Ma questo caffè, fa schifo! - Esclamò lei – Va bene che si risparmia tempo e denaro ma almeno Lucio potrebbe acquistare un caffè decente! – Con una smorfia di disgusto, ingollò il caffè, gettando il bicchiere di carta nel cestino della spazzatura.
- Se hai finito con i preliminari, ci sarebbe da terminare quell’articolo sulle abitudini notturne degli studenti universitari, Lory – Aggiunse Livia, calcando in modo particolare la voce su Lory ben sapendo di farla imbestialire.
- Loretta, prego, quando mai imparerai a lasciarti alle spalle tutti questi inglesismi? – Rimarcò lei, diventata rossa per la stizza.
– E poi Lory è il diminutivo di Loredana, se proprio vogliamo essere precisi!
Loretta non poteva proprio soffrire la presenza di Livia. Tra loro c’era un’antica ruggine mai limata. Il tutto risaliva al tempo della sua assunzione, quando, fresca di laurea in scienza delle comunicazioni, era lei che andava in giro ad intervistare e scovare i peccati del quartiere. Poi era entrata Livia, di qualche anno più vecchia. Lucio aveva ritenuto che fosse più esperta per quel tipo di lavoro ed aveva cambiato incarico a Loretta che da allora doveva occuparsi di costume ed arte, anche se a lei di questi argomenti non importava proprio nulla ed aspirava da sempre a diventare una grande giornalista di una testata nazionale.
Livia dal canto suo, non faceva nulla per accattivarsi la sua simpatia, odiava Loretta, considerandola la prediletta del capo, che aveva sempre quell’aria paterna quando si rivolgeva a lei. Loretta lo sapeva e ne approfittava. Tra le due donne non correva quindi buon sangue e le battutine acide tra loro, erano all’ordine del giorno.
Loretta si sedette davanti al suo computer, aspettando che caricasse i programmi dopo averlo acceso, tamburellava con le dita sul mouse, pensando a qualcosa da inventare per infarcire il misero argomento da trattare.
Il rumore appena percettibile dei tasti sfiorati, echeggiava nella stanza, attutito dal traffico sottostante e dall’abbaiare di un cane.
- Accidenti! – Esclamò – Non doveva arrivare il tecnico per revisionare il mio computer?
- Oh, che sbadata!- Rispose con voce melliflua Livia, senza alzare la testa dalla tastiera – Avevo dimenticato di dirti che ha rimandato l’appuntamento a domani.
- Ora, come faccio a finire questo benedetto articolo? – Chiese Loretta ormai presa dal panico.
- C’è il computer del capo, tanto so che rientrerà dopo pranzo – Rispose Gregorio per raffreddare l’atmosfera. A lui Loretta era sempre piaciuta molto, anche se lei lo considerava poco più del temperamatite sulla sua scrivania.
- Lory, mi sono anche dimenticata di dirti, che dovrai andare all’inaugurazione di quella mostra di pittura contemporanea a piazza Venezia, quella su… non ricordo il nome dell’artista, sai non è il mio campo. Soggiunse Livia con un sorrisetto sardonico dipinto sul volto - Ci sarà anche il Sindaco.
- Stamattina la memoria fa cilecca? Non è che sei un po’ “sclero”? Sforzati piccina, c’è altro che devi ricordarti di comunicare? – Rispose Loretta con acredine.
- Uhm, no, mi sembra di no! – Rispose Livia con finta ingenuità.
Loretta, finì bene o male il suo articolo sui locali notturni e gli studenti universitari, mentre la parte attiva del suo cervello stava maledicendo l’arte in tutte le sue forme.
- Quando torna Lucio, digli che sono andata a Piazza Venezia ad osservare qualche pennellata di colore contemporaneo – Disse Loretta ironicamente, rivolta a Gregorio, il quale la stava a guardare con aria sognante, meravigliato che stavolta avesse dato a lui l’incarico, senza scannarsi con Livia.
Capitolo 2
La sala era piena di giornalisti, c’erano anche gli operatori della Rai. Naturalmente non le fu concesso di avvicinarsi al Sindaco, quella era prerogativa delle grandi testate, non certo di una ragazza alle prime armi che scriveva su un piccolo giornale locale. Sapeva di non avere speranza di poter fare l’intervista, cercava almeno di allungare l’orecchio, per carpire le risposte date ai giornalisti in prima linea, quel tanto che bastava per poterci scrivere un articolo.
- Abbiamo cercato di riunire tutte le opere più importanti dell’artista con la collaborazione di alcuni privati che ci hanno concesso i pezzi più importanti delle loro collezioni. Li ringrazio per questo e per aver dato un’opportunità così importante alla nostra città…
Il sindaco continuò a parlare spiegando come si era svolto il lavoro di ricerca e di allestimento. Loretta intanto, se ne stava in disparte, osservando distrattamente e con aria annoiata i quadri esposti. Rimase una buona manciata di minuti incollata davanti ad un’opera tarda dell’artista, concentrata nell’osservarne le pennellate cromatiche, assorbendo l’umore e l’anima del vecchio pittore. Nulla, non percepiva nulla. Non le era mai piaciuta l’arte contemporanea, la trovava incomprensibile, non riusciva a cogliere tutte quelle sensazioni descritte dai critici. Di quest’artista in particolare, trovava che le sue opere mancassero di poesia, di un velo di romanticismo. Troppo fredde e troppo simili ad immagini distorte carpite con un obiettivo difettoso.
- Interessante questa figura di donna, non trova? – Loretta si girò verso il giovane che aveva formulato la domanda, un po’ infastidita dall’intrusione di quell’estraneo nei suoi pensieri.
- Ne stavo osservando i colori e la luce particolare che mette in evidenza il giallo dello sfondo. Trasmette una certa emozione quell’astratta figura di donna – Mentì Loretta, cercando di sembrare esperta.
- Lo sa che stavo proprio pensando la stessa cosa? – Esclamò il giovane che continuava a parlare senza staccare gli occhi dal quadro.
- E’ un giornalista anche lei? – Chiese Loretta – No, sono un appassionato di questo periodo pittorico, ho un amico che lavora in una galleria d’arte e mi ha fatto avere l’invito.
Loretta annuì cercando di allontanarsi con dis--> crezione, non aveva voglia di attaccar bottone con uno sconosciuto.
- Scusi signorina, credo che abbia perso questo – Il giovane, con un sorriso, le mise nella mano un rollino fotografico.
Loretta, con il palmo della mano ancora aperto, restò un istante ad osservarlo con meraviglia. Furono pochi secondi, ma bastarono al giovane per allontanarsi velocemente.
Loretta, cercò di rintracciarlo ma fu inutile, era già uscito. Alzò le spalle con noncuranza. Pazienza, pensò. Lo strinse nella mano, meditando di gettarlo non appena avesse trovato un cestino, poi la curiosità prevalse in lei, in fondo era pur sempre una giornalista.
Mise velocemente in borsa il rollino, decisa a scoprirne il contenuto. Chiedendosi chi, in epoca di foto digitali, ancora amasse fotografare sulla vecchia pellicola.
Due giorni dopo, andò a ritirare le stampe nel laboratorio sotto casa. Aveva pensato all’inizio, di farle sviluppare da Gregorio ma era tornata sui suoi passi, Gregorio poteva essere veramente appiccicoso se gli si dava l’occasione giusta.
Nella busta c’erano 24 foto con i negativi. Loretta non aspettò neanche di essere uscita dal negozio, trascinata dalla curiosità, non appena le ebbe in mano, iniziò a guardarle velocemente riproponendosi di osservarle meglio una volta giunta a casa.
Erano normali fotografie a colori, non le sembravano professionali, piuttosto erano foto di paesaggi esotici, immagini di qualche viaggiatore, forse di una certa età, data l’antiquata tecnica usata.
Sdraiata sul divano, Loretta le riguardò con più attenzione. Vi era ritratto un uomo anziano, talmente in lontananza che non si riusciva neanche a distinguerne i lineamenti. Sullo sfondo il castello fiabesco di Praga, lo riconobbe, perché l’aveva recentemente visto in foto in una rivista di viaggi.
Pensò al rammarico del proprietario, le foto, potevano essere un ricordo importante. Forse avrebbe fatto meglio a riportare le foto alla mostra, così le avrebbero potute recuperare. Loretta però non riusciva a smettere di guardare quelle foto, ne era quasi ipnotizzata, stava già fantasticando sul vecchio di quella fotografia, immaginando una storia che avrebbe potuto calzargli. Chissà magari era andato a trovare qualche parente emigrato lì. Oppure era in viaggio con la sua donna, quella che aveva scattato la foto.
Se ci fosse stato qualcun altro nella stanza con lei, avrebbe notato a questo punto, il cambiamento repentino della sua espressione, che esprimeva enorme stupore.
Teneva in mano una foto e continuava ad osservarla, rigirandola da tutte le parti.
- Cosa diavolo c’entra questa foto! – Pensò Loretta. Una donna vestita con una lunga gonna fino ai piedi, in testa un cappellino buffo con veletta. Una giovane donna molto bella, che sembrava spuntata da chissà quale epoca lontana, vestita alla moda d’inizio’900. Una foto antica color seppia in un rollino di foto a colori, la donna era ritratta vicino al Colosseo, quindi a Roma. Loretta guardò freneticamente le foto seguenti, erano tutte veduta della vecchia Praga. Nella sequenza temporale gli scatti continuavano normalmente. Loretta, ormai aveva iniziato a fantasticarci sopra. Perché quella foto, saltata fuori da un’epoca lontana si trovava in un rollino di foto a colori? Una foto scattata a Roma in mezzo alle tante altre foto di un viaggio nella Repubblica Ceca? La sua mente di giornalista si era ormai messa in moto.
La donna sorrideva all’obiettivo, i capelli raccolti dentro il cappellino, agitava la mano, come per salutare il fotografo. Sullo sfondo, si vedevano altre persone, sempre vestite alla moda dell’epoca che passeggiavano. Una macchina, di quelle che Loretta aveva visto nei film, era parcheggiata a fianco della donna.
Loretta, cominciò a pensare che forse, se avesse potuto leggere la targa, in qualche vecchio archivio, magari si poteva anche rintracciarne il proprietario dell’epoca, quell’indizio poteva essere quello da cui poteva partire una ricerca.
- Cosa mi sta venendo in mente? – pensò la ragazza – Sto impazzendo? In fondo che m’importa di questa storia. Ho deciso, ripongo tutto e vado a dormire. Domani riporto le fotografie alla mostra! – Poi ci ripensò, domandandosi:
- Quella foto, è stata sicuramente fotografata dall’originale. Perché, lì in mezzo alle altre foto del viaggio a Praga?
E se non fosse un caso, che quel rollino sia capitato tra le mie mani?
Capitolo 3
Lorenzo Crespi, la stava aspettando in ufficio. Come al solito era in ritardo. Quella ragazza stava proprio tirando troppo la corda, le avrebbe dato una bella strigliata.
Era impegnato in una telefonata e parlava concitatamente con l’interlocutore, alzando la voce ogni tanto. Livia cercava di capire di cosa stesse parlando, ma lui tornava ad abbassare il tono impedendole di captare tutto il senso del discorso.
- Gregorio! – Chiamò con voce perentoria e stizzita Lucio. – Loretta è arrivata? – Non ancora capo
- Mandala da me appena arriva – ordinò a Gregorio, il quale annuendo silenziosamente, sgattaiolò fuori dall’ufficio del capo, temendo di diventare il parafulmine dei suoi strali.
In quel preciso istante entrò Loretta. – Lory il capo ti reclama immediatamente - disse Livia, precedendo Gregorio col suo solito sorrisetto dipinto sulle labbra.
Loretta la fulminò con lo sguardo, mentre si infilava nell’ufficio di Lucio.
- Ragazza mia, è mai possibile che tu non debba mai arrivare in orario? – Chiese severamente Lucio – Capo, lo so hai ragione ma…
- Non m’interessano le tue scuse fantasiose - la interruppe lui – La devi smettere di ritardare, altrimenti sarò costretto a prendere provvedimenti.
- Capo ti prego… - iniziò con fare contrito la ragazza – Va bene vai e finiamola di perdere tempo! – esclamò lui burbero o almeno tentando di esserlo, perché con Loretta, non riusciva proprio a tenere il broncio, era un po’ una figlia.
- L’hai scritto il pezzo sulla mostra al Vittoriano? – Non ancora, ma ti assicuro che tra mezz’ora sarà pubblicato – Rispose lei mentre correva alla sua scrivania per evitare altre sgridate. Lucio scosse paternamente la testa, accendendosi l’ennesima sigaretta.
Loretta stava lì davanti allo schermo acceso, con le dita delle mani in posizione ma queste non volevano muoversi. Il quadro che avrebbe voluto descrivere per introdurre l’articolo, era stato rapidamente sovrapposto, nella sua mente, all’immagine della donna in seppia. La prese dalla borsa e ricominciò ad osservarla.
- La targa non si riesce proprio a leggere – pensò mentre passava la foto allo scanner. Cominciò a lavorare con il programma per cercare di ingrandire il particolare.
- Loretta hai finito il pezzo? Lucio lo sta aspettando – chiese Gregorio, indugiando alla sua scrivania per attirare la sua attenzione, cercando anche di vedere con cosa stava freneticamente trafficando sullo schermo.
Loretta cambiò velocemente immagine, ingrandendo l’icona del foglio immacolato del programma di scrittura che avrebbe dovuto riempire con l’articolo.
Scrisse rapidamente un articolo sulla mostra.
- Capo, l’articolo te l’ho inviato sul tuo Pc, guarda se c’è qualcosa da correggere o da aggiungere e poi lo pubblichiamo – Loretta posò la cornetta, dopo aver chiamato Lucio con il telefono interno. Tornò a dedicarsi alla vecchia fotografia che aveva catturato la sua curiosità ma soprattutto il suo spirito di giornalista
- Vediamo se riesco a leggere la targa, magari si può riuscire a scoprire qualcosa – pensò, mentre ingrandiva il particolare. Loretta non capiva nulla di auto d’epoca, a dire il vero, capiva poco anche di quelle attuali. Non sapeva mai riconoscere un’auto e la casa che l’aveva costruita, figuriamoci se fosse riuscita a capire che tipo di auto era quella raffigurata. A fatica, riuscì ad ingrandire il numero di targa. Prese una matita e appuntò le lettere e i numeri su un pezzo di carta trovato sulla scrivania. Poi cercò su internet un ufficio dove potesse rintracciare almeno l’ultimo proprietario dell’auto, magari con un po’ di fortuna la macchina era ancora in circolazione. Una delle caratteristiche di Loretta, era il suo immenso ottimismo, quando iniziava ad indagare, non pensava mai ad un fallimento ma era sempre certa di portare a termine il lavoro.
Lavorava con grande concentrazione e non si accorse che era ormai trascorsa più di un’ora ed avrebbe dovuto occuparsi dell’inaugurazione del negozio di quel giovane stilista ancora poco conosciuto.
Mentre a malincuore raccoglieva in una cartellina i dati sulla vecchia targa, alzò gli occhi e si accorse che Livia la stava osservando con la sua solita espressione provocatoria.
- Ma tu guarda quella lì, se una volta, si faccia gli affari suoi – Pensò, mentre nervosamente si stava rosicchiando l’unghia dell’indice sinistro. – Dovrò smetterla di rosicchiarmi le unghie, od avrò delle mani impresentabili.
– Gregorio, io esco e vado a vedere quel nuovo negozio, se il capo mi cerca ci pensi tu? – Loretta non aspettò la risposta, imboccò la porta e la chiuse alle sue spalle. Mentre scendeva le scale di corsa, pensò che se avesse avuto abbastanza fortuna, forse sarebbe riuscita anche ad andare nell’ufficio in centro, dove venivano conservati i registri con i nomi dei proprietari delle auto e tornare in tempo per non destare sospetti sulla sua attività “clandestina”.
- E’ a lei che devo chiedere? – domandò all’impiegato semi nascosto da pile di registri, che stava dietro al vetro del bancone.
– Che cosa le serve? – Rispose lui molto distrattamente, continuando a leggere il giornale. Probabilmente non c’era un gran movimento in quell’ufficio.
- Vorrei sapere se avendo la targa di un’auto del secolo scorso, posso risalire al proprietario –
L’impiegato distrattamente le spiegò che doveva riempire un modulo con il modello e la targa. Loretta entrò in crisi e provò, sfoderando il suo fascino a impietosirlo. Quello stando al gioco, fece una battuta ambigua. Lei s’adombrò maledicendo dentro di sé gli uomini. Alla fine lui, stanco del gioco le rispose:
– E’ una Fiat 501 del 1919 una delle prime utilitarie –
Loretta poté così riempire tutto il modulo e lo allungò all’indolente impiegato, che lo prese e senza neanche staccare gli occhi dal giornale, le disse di tornare il giorno dopo.
Capitolo 4
Piovigginava e l’aria era carica d’umidità. Loretta dopo aver girato per parecchio tempo, era riuscita a trovare un parcheggio.
Camminava con la cartina del quartiere in mano, cercando dei punti di riferimento che l’aiutassero a capire dove fosse esattamente. Di usare il navigatore satellitare, non voleva neanche sentirne parlare. Quella diavoleria lei non la considerava un aiuto.
La Golden rent car s.r.l., si trovava al Trionfale, il problema era capire quanto fosse distante. Dopo un po’ di giri a vuoto, richieste ai passanti dubbiosi sulla strada da indicare, Loretta, con le scarpe inzaccherate, riuscì finalmente ad arrivare alla meta.
La società di noleggio, si trovava in una via a senso unico, difficile da raggiungere, in una palazzina signorile. Aveva un grande garage sotto al palazzo, che fungeva da deposito. Era stata fortunata dopo tutto. La macchina, era passata di mano in mano, fino ad essere acquistata dalla Golden rent car, che l’affittava per i matrimoni o per le riprese cinematografiche.
- Mi scusi, posso avere un’informazione? – Chiese Loretta ad una ragazza piuttosto grassottella, che batteva freneticamente sui tasti di un computer, registrando fatture e documenti.
- Prego, desidera? – Rispose lei.
Loretta cercò di dare una breve spiegazione prima di fare la sua richiesta. La ragazza, masticando gomma americana, non staccò gli occhi dalla schermo, e le rispose che purtroppo erano informazioni riservate, che lei non poteva dare. Se voleva, poteva chiedere al direttore.
- Devo prendere un appuntamento? – Domandò Loretta, che cominciava a perdere leggermente il suo ottimismo.
– Non occorre, ora glielo chiamo.
- Dottò , c’è qui una giornalista che vorrebbe parlare con lei.
Il suddetto dottore, uscì dal suo ufficio con l’aria impettita e tronfia, già pregustando l’intervista. In tempi di mass media imperanti, di televisioni e giornali, rilasciare un’intervista ad una sedicente giornalista, solleticava l’ego di chiunque.
- Buon giorno, cosa desidera? Poi, senza aspettare risposta, iniziò a riassumere la storia della società e le chiese se voleva vedere il loro parco macchine. Loretta cominciava a spazientirsi, non era riuscita ancora ad aprire bocca.
- Mi scusi – L’interruppe bruscamente alla fine - vorrei soltanto conoscere il nome del precedente proprietario della Fiat 501 del 1919.
Gli allungò direttamente la foto.
Lui capì immediatamente a quale auto si stesse riferendo.
– Gran bell’auto! Come mai le interessa proprio quella? – Chiese lui.
- Sto scrivendo un articolo su quel tipo di auto - mentì Loretta -
mi piacerebbe conoscere un po’ la loro storia a ritroso.
Per ingraziarsi quel petulante direttore, tirò fuori la sua macchina digitale dalla borsetta e gli scattò qualche foto, mentre lui orgogliosamente si metteva in posa nel suo completo gessato grigio.
- Signorina….
– Loretta Bottieri - rispose lei - giornalista del S. Lorenzo.com, giornale molto conosciuto on line.
Mentì, ben sapendo che a mala pena, lo leggevano sì e no, gli abitanti del quartiere.
- Bene Loretta, non dovrei proprio darle quest’informazione, però lei è così gentile, così carina che proprio è impossibile non accontentarla. Venga nel mio ufficio, che controlliamo gli schedari con i documenti relativi all’acquisto della vecchia auto.
Il direttore, cominciò a prendere dei raccoglitori dagli scaffali.
- Se non sbaglio, quell’auto, l’abbiamo acquistata nel 1980, non sono poi tante le 501 in circolazione. Prima apparteneva agli eredi di una vecchia ricca signora, una certa Valentina Rosignoli. Non so dirle però di più.
- Rosignoli… Rosignoli… - Loretta cercava sull’elenco telefonico, mentre fingeva di essere intenta a scrivere un articolo.
Livia, come al solito, la stava spiando.
La lista dei “Rosignoli” era un po’ lunga, ma Loretta, non si scoraggiò.
- Mi scusi tanto per il disturbo, e grazie lo stesso – Stava dicendo Loretta al suo trentesimo “Rosignoli” della lista.
Era arrivata più o meno alla lettera emme dei nomi di battesimo. Che non fosse facile l’aveva capito, però ora, eccitata da questa indagine clandestina, aveva sempre meno voglia di lavorare sulle sue strampalate interviste alla gente di S. Lorenzo.
Sorseggiando il pessimo caffè dell’ufficio, Loretta, riprese in mano il telefono e compose il numero dell’ennesimo “Rosignoli”.
- Mi scusi, sto facendo un’indagine, sono una giornalista… - Attaccò per l’ennesima volta tutta la storia, come un disco ormai rotto.
- Sì, ricordo, quell’auto. Era di mia zia. L’ereditammo alla sua morte. Troppo costosa da mantenere, abbiamo deciso tutti insieme, noi eredi, di venderla e dividerci il ricavato.
Nello Rosignoli, finalmente era la persona che Loretta stava cercando.
I due concordarono un appuntamento per incontrarsi l’indomani.
Si seppe così che lo zio del signor Nello, aveva acquistato la macchina da un altro collezionista che l’aveva acquistata a sua volta nel dopoguerra.
[continua]
Seconda parte
Terza parte
Quarta parte
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