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venerdì 22 marzo 2013

Reale o virtuale?




Mi guardo indietro e a volte mi chiedo: quanto la scoperta del mondo virtuale abbia cambiato il mio mondo reale? 
Molto e niente, mi viene da rispondere. Sono datata e un po' vintage, come un mobile restaurato e messo in un angolo in bella mostra e la scoperta di un mondo al di là dello schermo, ha suscitato in me, sensazioni contrastanti. Inizialmente una grandissima diffidenza, fobia tecnologica, quasi un odio verso un mondo troppo lontano e inesistente, un posto effimero e inutile. 
La comunicazione che ho sempre conosciuto, al di là del faccia a faccia era quella attraverso la voce filtrata di un telefono, attaccato ad un filo con una tastiera di numeri o un disco in cui infilare un dito, numero per numero. Il rumore rassicurante della linea e il “pronto” dall'altra parte di quel filo. Pronto a cosa? A rispondere a parlare con te. Eccomi, sembrava dire quel “pronto”, sono qui.
La datazione anagrafica, mi sta facendo diventare  nostalgica. 
Siamo nel nuovo millennio, un piccolo passo avanti di tredici anni e ci si deve adeguare. 
Il mio adeguamento risale al cambio lira/euro.  E' più o meno quello l'anno in cui, per caso, sono stata catapultata nel mondo virtuale. Ricercavo un ristorante, ho pensato fosse più rapido che star lì a sfogliare le obsolete pagine gialle, oggi consultate da anziani sulla soglia del secolo.  Entrando nel sito vengo incuriosita da un forum, una piazza virtuale di cui non conoscevo neanche l'esistenza. Ci provo e m'iscrivo. Si parla di cibo, di cucina, uno dei miei interessi. Mi presento, come è educazione fare: “salve, sono nuova....”. Quante volte lo scriverò poi nel tempo? Ne ho perso il conto. 
L'esperienza dapprima esaltante, quanta gente nuova si conosce seduti comodamente a casa, davanti ad uno schermo. La mente inventa, lo schermo si trasforma in una finestra sul mondo. Nomi fantasiosi fanno da scudo, proteggendoti dai pericoli che si celano nel virtuale. Belve fameliche nascoste nei meandri di una giungla di byte, pronte a ghermirti a sbranare le tue misere difese. Nelle  chiacchiere di alcune persone, reali e non virtuali, c'è stata la messa in guardia verso chissà quali serial killer nascosti nella rete.
In realtà, sono casi molto rari, mentre in rete s'incontra di tutto e il nome di fantasia, nick name, in gergo,  fa uscire quello che nel reale si tiene nascosto, il vero io, con tutte le sue fragilità e i suoi difetti.
Siamo sempre noi davanti allo schermo, alla fine ogni difetto, ogni  pensiero, escono dalla nostra testa, e si riversano nello schermo. Si può giocare ad essere altri, si può recitare un personaggio, ma una piccola o grande parte di noi, sarà sempre in mezzo alle parole scritte. Con un po' d'attenzione di esperienza, s'individua sempre lo stile.
Dal mi presento, passò un po' di tempo d'euforia, di dipendenza del virtuale. Attaccata allo schermo aspettando che qualcuno rispondesse per riempire, forse, un vuoto reale con chiacchiere virtuali. 
Ricordo quanto fossi eccitata nel conoscere in un incontro reale, quei nomi di fantasia, quelle chiacchiere da bar, a cui io, avevo dato voce e volti. Emozione della prima volta, una cena in una famosa pizzeria in centro, su cui si era dissertato per mesi. Ci avevo trascinato anche il consorte e il figlio tredicenne che si annoiarono a morte, riempiendo stomaco e serata con supplì filanti e bruschette al pomodoro. 
La sbornia passò però rapidamente. Non avevo ancora conosciuto il lato oscuro della rete, lì dove la pazzia a volte si scatena, dove le frustrazioni quotidiane si sublimano con sadismo verbale. Nascono invidie virtuali, peggiori di quelle reali, verso soggetti che in realtà mai si sono incontrati. 
Ignorante della materia, mi sono ritrovata a cavalcare risse scritte, pilotate ad arte da quelli che in gergo, imparai poi, vengono definiti troll, coloro che scrivendo qualche frase appositamente per gusto personale, scatenano i bassi istinti dei frequentatori. Si scrivono interventi, post, in gergo, lunghissimi, per spiegarsi,  per difendersi, per attaccare a nostra volta. E' una trappola mortale, l'ho imparato negli anni. Sono le sabbie mobili della rete. Più si tenta di spiegare, meno si viene capiti, perché le faccine, emoticon, nelle risse, vengono messe per provocazione e presa in giro, la faccina sorridente sottolinea un pesante insulto, volendolo far passare per una battuta. Qui realtà e virtuale si fondono alla perfezione. Non ci si capisce, ci si fraintende a vicenda, i concetti espressi per scritto, vengono recepiti da ognuno secondo i propri caratteri, il proprio vissuto, le cosiddette “code di paglia” e più si scrive, più la rissa precipita, intrecciando post su post, a favore o contro. Se ne esce con le ossa rotte, a volte quasi piangendo, scordando che in realtà dietro quello schermo, non si sa davvero chi ci sia, è soltanto un nick, mai visti e conosciuti. Molti si spacciano per più persone, i “cloni” e a volte litigano anche tra loro, per alzare la posta, probabilmente per aumentare la visibilità di un forum che stava languendo. Nulla attrae il pubblico più del sangue nell'arena.
Perché si litiga con sconosciuti?
Perché non hai nessuno davanti, non vedi il suo volto,  tu interpreti l’altro come una proiezione di te stesso, magari ci leggi quella parte di te che odi, oppure quel qualcuno che è totalmente diverso dai tuoi modelli, lo odi perché è estraneo a quello che ti sei costruito nella mente, è diverso dai tuoi ideali, dalle tue convinzioni. Questo succede anche nella vita reale, in rete si ingigantisce.

E' stata un po' una palestra che mi è servita anche nella vita. Ho imparato a infischiarmene di ciò che dice e pensa la gente, non ci sto male, magari m'indigno per qualche minuto poi passa, nel reale. Nel virtuale non lo considero affatto, adesso. Allora però, ci sono stata malissimo. Analizzando il problema, ho capito che lo schermo, in realtà è uno specchio del nostro inconscio, può essere una maniera per annientarsi definitivamente o analizzarsi senza spendere in costose sedute d'analisi. 
Le fragilità vengono a galla, è lì che ci si deve domandare perché ci sto tanto male? Non dimenticare mai che al di là dello schermo, c'è un perfetto sconosciuto anche se si proietta sul personaggio parte delle nostre aspettative in materia d'amicizia. Lo si fa diventare l'amico invisibile dell'infanzia e se andasse male, sparisci, chiudi tutti i contatti, cambi nome e emigri verso altre comunità, pensando ancora di trovarci quello che cerchi tanto ma non trovi neanche nella vita reale. 
Le arene virtuali sono ora i social network, è cambiata la forma, a volte ci si mette davvero faccia e nome reale, ma la sostanza è sempre la stessa, a meno che, non si crei una piccola comunità personale, di gente che si conosce davvero, tornando al rassicurante reale, con tutti i suoi difetti.
Ho scoperto di saper scrivere, rispondendo ai post, cercando di essere il più chiara possibile per evitare fraintendimenti.  C'è stato qualcuno, di quelli conosciuti nel virtuale, che mi ha fatto notare il mio stile, che forse avrei dovuto coltivarlo.  Ho iniziato così, poi mi è venuta l'idea del blog. 
 Una frase da tenere sempre in considerazione è quella scritta a lato, nelle mie citazioni: “meglio scrivere per sé stessi e non possedere un pubblico, che scrivere per un pubblico e non possedere sé stessi”, questo deve restare il concetto principale. Scrivo per divertire me e non per solleticare l'interesse di qualcuno, però un pubblico di probabili lettori, mi stimola a scrivere, racconti o riflessioni, come questa, che pur alleggerendo il mio io profondo, resterebbero chiusi in una cartella dimenticata nel computer, per chissà quanto tempo, prima che io abbia voglia di scrivere ancora. Aggiornare il blog, avere qualcuno che mi legge fa sì che questo non accada. C'è però anche qui il risvolto della medaglia, come in tutte le cose. Io scrivo, questo costa molto sforzo e fatica, al di là del divertimento e a volte mi sento svuotare dal consumo rapido dei miei scritti, mi causa ansia e la ricerca di storie, d'idee nuove. La mente deve essere libera da catene per librarsi, è in quei momenti che decido di fare un piccolo stop. Meglio scrivere per sé stessi... Il motto è lì e lo rileggo ogni giorno come un mantra, il pubblico c'è, se c'è spontaneità e divertimento in chi scrive. 
Prendo l'occasione per ringraziare quanti mi seguono e leggono le divagazioni di una racconta storie,  un po' riflessiva, un po' fantasiosa e tanto casalinga con l'hobby di scrittura.

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