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Oggi è giorno di riflessione. Mi guardo allo specchio e vedo la prima immagine riflessa di me stessa di questa giornata dal tempo incerto e forte vento.
Un vento che agita le cime degli alberi e penetra dentro la mia anima. Scuote la mia coscienza e mi porta antichi ricordi, scompigliandoli come fogli di carta.
Il mio disagio nella società attuale si sta tramutando in forte malessere. Aliena nel proprio mondo e nel proprio Paese.
Mi sento come un essere che mette piede per la prima volta su un pianeta sconosciuto di cui non capisce nulla e non riesce a comunicare con nessuno.
Circondata da migliaia di persone, cammino in una bolla sospesa, immersa in una profonda solitudine. Tento di gridare, di farmi vedere e qualcuno risponde. Sembra che io non sia completamente sola, ce ne sono altri come me, fossili riesumati in un mondo impazzito.
Entriamo nel mezzo. Nel mezzo della questione, nel mezzo del gaudio comune che s’accomuna all’altra metà: il male. Nella mezza stagione che non è più quella di una volta. Nella mela mezza marcia, perché non tutto è perduto. Nel bicchiere che ha perso trasparenza. Nel mezzo del cammin di una Divina Commedia che di divino non ha nulla. Del mezzo mondo che muore di fame e l’altro mezzo che se n’infischia alla grande.
Del mezzo che vorrebbe la pace e usa mezzi di guerra per raggiungerla.
Nel mezzo che dovrebbe giustificare il fine Machiavellico, di una politica arrogante, ignobile, arraffona, profondamente ignorante. Ignora i bisogni di un Paese allo stremo, le grida di disperazione di chi non ha più voce per farsi sentire, ignora l’etica, ignora il diverso e l’uguale, ignora sopra a ogni cosa che la legge è uguale per tutti.
Non ci sono più mezzi per combattere. E’ questa l’attuale percezione, sono tutti mezze calzette, molto meglio arrangiarsi con i propri mezzi.
No i mezzi ci sono, gridano altri e usano mezzi senza mezze misure. Scritte e minacce, bombe e attentati. Il vuoto dei mezzi, delle mezze idee, ha creato un vuoto intero.
Vuoto di sentimenti, vuoto di contenuti, vuoto d’etica, vuoto di morale. Vuoto di Dio per i credenti. Vuoto di solidarietà, di giustizia, di rispetto per ogni individuo che dice di appartenere alla specie umana.
In questo vuoto assordante, affiorano i nostalgici. Quelli che hanno militato e non militano più. Quelli che si battevano per un mondo migliore e hanno fallito. I figli dei fiori e l’amore libero, hanno dimenticato tutto, nell’alto delle loro poltrone comode e fasciate di denaro.
Il vuoto di tempo che non è mai abbastanza. Vuoto di denaro che è come il tempo. Vuoto di rughe e capelli bianchi, che davano saggezza a chi le portava fieramente, cancellate dal botox e da lunghe sedute d'imbiondimento, con la quinta di reggiseno al silicone e le labbra a canotto. Bambole finte dai trenta a settanta anni, uguali col numero di serie scritto sulle curve ritoccate.
Gente di gomma che non pensa ad altro che passare la vita a migliore l’aspetto. S’affanna in diete da privazione e priva chi invece non s’affanna. Gonfia muscoli di plastica e dopati perché questo non è mondo per perdenti.
Allena un corpo che già è morto ma lui non se n’è accorto. Un corpo ormai in disfacimento perché gli manca l’organo per eccellenza, l’organo coordinatore, quello che ti permette di respirare. Atrofizzato per sempre dona una linea piatta, meglio che ore di addominali in palestra.
La linea che si dipana e lega indissolubilmente turisti del voyeurismo in cerca del delitto del giorno. Spettatori di percentuali di share televisivo da Grande di Fratello che ha messo però Orwell in un cassetto ad ammuffire.
La linea scorre piatta e acchiappa fagocita, aspira e si nutre. Tutti diventano morti viventi attaccati ad ben altri fili, di burattinai che sanno come farli muovere.
E io?
Sono un dinosauro preistorico in agonia.
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