A te navigante...
A te navigante che hai deciso di fermarti in quest'isola, do il benvenuto.
Fermati un poco, sosta sulla risacca e fai tuoi, i colori delle parole.
Qui, dove la vita viene pennellata, puoi tornare quando vuoi e se ti va, lascia un commento.
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lunedì 3 giugno 2013
Lupo
Un lieve stormire di foglie, improvviso, lo fece trasalire. I sensi tesi, Lupo era tutto concentrato nella caccia.
Erano vari giorni che non si nutriva, non ricordava neanche più quanto tempo era passato dall'ultima volta che aveva messo della carne fresca sotto i denti.
Era magro e le costole gli affioravano da sotto la pelliccia grigia. L'inverno era stato duro, ma adesso che si era in estate, le prede non mancavano.
Il problema era che lui non sapeva cacciare. Denti Affilati il capo branco, l'aveva cacciato via per sempre. Lui, ora, si trovava solo nel bosco, incapace di provvedere a sé stesso e con lo stomaco vuoto, quasi allo stremo delle forze.
Qualche stagione fa, quando era ancora cucciolo e amava giocare con i suoi fratelli, avrebbe dovuto imparare a cacciare. Mamma Lupa Bianca, ci provava a far vedere loro come si doveva fare. Era un gioco, ma Lupo non capì l'importanza di tali insegnamenti.
Un bocconcino succoso lo strappava sempre, e c'era il branco che cacciava per lui.
Lupo si divertiva a mordicchiare l'orecchio del fratello, rotolando insieme a lui come un solo corpo: una palla di pelo aggrovigliata.
Poi tutto era cambiato. Un giorno, senza che Lupo si fosse reso conto che ormai era cresciuto, si avvicinò alla Lupa Bianca in cerca di coccole, una leccatina al muso, non chiedeva nulla di più. Lei però, l'aveva allontanato ringhiando, ora aveva una nuova cucciolata a cui badare. Ormai quello che doveva sapere gliel'aveva insegnato, era un membro del branco a tutti gli effetti.
Una giornata rigidissima d'inverno, Lupo, si era stufato di essere uno degli ultimi del branco e sottostare alla gerarchia del gruppo. Erano sulle tracce di un cervo, tutto il branco silenziosamente l’aveva accerchiato. Procedevano lentamente, Lupo però a quel punto, fece di testa sua.
S'avvicinò troppo, il cervo ne percepì la presenza e fuggì. Erano ore che stavano cercando del cibo, Lupo aveva compromesso la sopravvivenza di tutto il branco.
Denti Affilati, gli si avvicinò ringhiando minaccioso. Lupo non indietreggiò, non abbassò lo sguardo e lo sfidò.
Era un lupo indipendente ed orgoglioso, almeno la sua giovane età glielo faceva credere. Avrebbe potuto diventare lui stesso capo branco.
Fu tradito dall'inesperienza. Denti Affilati, gli si avvicinò lentamente ringhiando con rabbia. Lupo restò al suo posto, scoprendo a sua volta i denti. Si avventarono l'uno contro l'altro, mentre il branco in cerchio stava a guardare.
Lupo ebbe la peggio, ferito e malconcio, fu scacciato dal branco.
Iniziò così la sua vita solitaria. Viveva in una tana nel bosco di querce. Non troppo lontano da una casa dal tetto di tegole rosse. Qualche volta la sera si era avvicinato un po' ed aveva percepito l'odore di carne arrostita.
Nell'umile abitazione viveva una vecchina, che a dire il vero, era da un po' di tempo che non si faceva vedere. Lupo aveva troppa paura d'avvicinarsi, una volta lei, con un fucile in spalla, aveva sparato nella direzione del bosco. Lui aveva trovato il corpo senza vita del vecchio Lupo sciancato, troppo lento per correre via, non aveva avuto scampo. Meglio star lontani, pensò, anche se la fame ormai gli impediva quasi di ragionare.
La giornata volgeva al termine.
Era quell'ora del pomeriggio, quando le ombre si allungano e al frinire delle cicale, prende il posto il cricchiolar dei grilli.
Lupo si era acquattato dietro una grande felce in attesa di una preda adatta a sfamarlo.
Con una lieve folata di vento, l'odore gli ferì le narici. Lupo si mosse velocemente, ma sempre nascosto dalla vegetazione.
Lungo il sentiero che s'addentrava nel bosco, una bambina, coperta da una mantellina rossa, stringeva nella mano un cestino, ricoperto da un tovagliolo di tela a quadri rossi come la mantella.
Camminava lentamente. Ogni tanto si fermava a raccogliere le fragoline, che crescevano ai margini della vegetazione che delimitava il sentiero. Non s'era accorta che il giorno volgeva al termine e non aveva percepito la presenza di Lupo.
Lupo la seguiva a distanza. Immaginò che stava dirigendosi verso la casina del bosco. Decise di precederla ed attaccarla una volta arrivata lì. La fame l'aveva reso audace, si dimenticò della vecchia e del fucile.
La porta era aperta. Lupo silenziosamente s'introfolò tra la porta e lo stipite. Dentro, una sola stanza, col camino acceso che scoppiettava allegramente sulla parete sinistra. Sopra, il fucile appeso alla parete.
La vecchina era a letto, una grossa cuffia bianca le copriva parzialmente il volto. Spuntavano soltanto due grandi occhiali. Lupo capì che era inerme.
S'acquattò sotto il letto, la vecchina, che non s'era accorta di lui, uscì fuori nel bosco, in cerca della nipote che tardava ad arrivare.
Intanto la bimba dal cappuccio rosso, si avvicinava canticchiando. Entrò e nella penombra non s'accorse dell'assenza della nonna.
Nonnina, nonnina chiamava a voce alta, per farsi sentire. Lupo, ringhiò uscendo dal suo nascondiglio. La bambina impietrita dal terrore, restò ferma dov'era. Poi lei, urlò e urlò, con tutto il fiato che aveva in gola. Lupo, sempre imbranato come al solito, tentò un balzo per prenderla alla gola ma la sua zampa anteriore, si attorcigliò con un lembo della coperta che pendeva sul pavimento. Lui piombò giù guaendo.
Nel frattempo, un cacciatore che stava rientrando, udì le urla della bambina.
Aprì la porta, e senza perdersi d'animo, alla vista del lupo impigliato nella coperta, imbracciò il fucile e puntò. Lupo capì di non avere più scampo, cercò di scappare, ma la zampa rimase impigliata e le zampe posteriori scivolarono sul pavimento di pietra.
La nonna aveva udito le grida della bambina e non avendola incontrata nel bosco, appoggiandosi ad un ramo che aveva trovato sul sentiero, rientrò zoppicando in casa, per prendere il fucile. Entrò nel preciso istante in cui il cacciatore stava puntando il fucile contro Lupo.
Nonna e nipote si scambiarono uno sguardo che preludeva tutto un discorso.
Non sparare, gridò la nonna, mentre la nipotina si stringeva alle sue gambe malferme.
Il cacciatore esitò, non capiva il motivo di una così strana richiesta. Il lupo stava aggredendo la bambina e poi la sua pelle sarebbe stata un bel trofeo. Magari ne poteva venir fuori un caldo berretto per l'inverno. Non l'uccidere, ripeté la nipotina con una voce di pianto.
Lupo nel frattempo aveva il cuore che batteva all'impazzata. L'istinto di sopravvivenza lo spingeva a fuggire, ma ormai era intrappolato.
La nonna, mossa a compassione per la povera bestia, affamata sì, ma così tanto imbranata, prese la vecchia ciotola di Neretto, il vecchio cane da pastore, morto qualche tempo fa.
La risciacquò nel lavabo di pietra e la riempì con lo stufato che Cappuccetto Rosso, le aveva portato per cena.
Spinse la ciotola verso Lupo. Il cacciatore, incuriosito dalla scena, aveva abbassato la canna del fucile, ma prudentemente, non l'aveva posato a terra.
Lupo tentò di righiare scoprendo i denti, voleva impaurirli. Loro però tenendosi a distanza, restarono fermi ad osservare la scena.
Lupo si avvicinò diffidente alla ciotola, annusò il contenuto e poi la fame prese il sopravvento.
Da quel giorno, l'imbranato Lupo, che non sapeva cacciare, aveva trovato una casa e del cibo.
Quando arrivava la bambina, le andava incontro, scodinzolando leggermente con le orecchie basse, in segno di sottomissione.
Ogni tanto però, quando la luna splendeva tonda nel cielo, illuminando la radura attorno alla casa, Lupo veniva preso da un nodo alla gola, un'antica nostalgia di casa e allora seduto sulle zampe posteriori, alzando il muso al cielo ululava la sua voglia di vita.
A volte un ululato lontano gli rispondeva.
Il punto di vista del lupo nella favola di Cappuccetto Rosso.
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bellissima,non ce altro da dire.
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