A te navigante...

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giovedì 5 settembre 2013

Cecilia ed io





Ci sono personaggi, che escono dalla mia creazione e prendono forma e vita propria.
Ce n’è stato qualcuno che ha provato a spiccare il volo. Figli che mordono il freno per raggiungere una loro autonomia e che amorevolmente cerco di contenere nei loro binari. Sono io che li ho creati e io che decido come vivranno.
Cecilia è un personaggi che più di tutti gli altri, con la sua verve e la sua spiccata personalità sta imponendo a me, sua creatrice un suo modo di vivere e muoversi.
E’ apparsa improvvisamente un giorno, mentre stavo formulando un nuovo racconto. Vi ho già parlato di come sono nati i garbahorror. Pensavo alla figura del vampiro, a come l’avrei inserito nella storia, all’aspetto che gli avrei dato, quando è venuta fuori lei. 
Se ne stava buona in una angolo, zitta ad osservarmi. Mi guardava e io non me n’ero ancora accorta.
L’avevo notata con la coda dell’occhio ma fingevo di non vederla. Non era lei che volevo, il protagonista doveva essere un vampiro.
Quell’ombra appena abbozzata, pian piano prendeva forma. Dapprima velata, non ne scorgevo le fattezze e cercavo di allontanarla e ricacciarla indietro. Lei ostinata, non si muoveva restando muta e ferma, aspettava il momento opportuno. Sperava che io, ormai satura della sua presenza, avrei capitolato e lei  preso il sopravvento.
- Voglio entrare nella tua storia - gridò prepotentemente. Non stetti ad ascoltarla, continuavo a pensare a Mario, perché lui, discretamente aveva scelto già il nome da darsi, non scocciava e si sentiva già il fulcro della storia.
Lei, alla fine mi tirò per la giacca. 
- Mi vedi?  Non fingere che non ci sia, ormai sono apparsa, non potrai più farmi scomparire –
- Hai sbagliato storia. Tu in questa non c’entri, aspetta la prossima volta, ti troverò una storia bellissima tutta per te – Le risposi alla fine io, rassegnata alla sua invadente presenza.
- No! – Esclamò perentoriamente 
- Sei tu che stai sbagliando – aggiunse la figura che ormai aveva preso forma di vecchia signora.
- Questa è una storia di vampiri, che c’entri tu? – Aggiunsi io ormai spazientita per le continue interruzioni.
- Ti sembra che ce ne siano poche di queste storie? – Rispose lei con un tono saccente.
- Ci sarà anche la mia! – Esclamai, io che mi stavo veramente stancando, perché non riuscivo a trovare la concentrazione. 
Se il personaggio fosse stato reale, l’avrei presa per la mano e buttata fuori di casa. Lei però non era reale. Come scacciare un personaggio così? Ci avevo provato con l’indifferenza, con la stizza, con le mie risposte, lei però  non voleva andarsene, aveva deciso di essere la protagonista delle mie storie. Così fu.
- Visto che hai deciso di entrare nella mia storia, che ruolo vorresti avere? – Le chiesi io ormai rassegnata a darle un personaggio da interpretare.
- Me lo chiedi? La protagonista – Rispose lei, come se questa fosse stata la cosa più ovvia.
- Hai una certa età, forse non ci siamo capite, questa è una storia di vampiri – Tornai a spiegarle io per l’ennesima volta.
- E allora? – 
- Sei un vampiro tu? No! Sei una vecchia signora. A meno che tu non voglia che io ti faccia vampirizzare – Le dissi così, tanto per spaventarla.
- Non devo essere un vampiro, apri gli occhi. S’è mai letta la storia di un vampiro che fa da spalla ad una vecchia signora? – Spiegò lei.
- Non posso darti torto. Vedo che sai il fatto tuo – Le risposi, meravigliata di non averci pensato prima.
- Un momento…- Interruppe a quel punto, Mario il vampiro. 
- Il protagonista sono io, che spalla e spalla! – Aggiunse poi rivolto alla vecchia signora, arrabbiato come una prima donna a cui stanno togliendo la parte.
- Non far arrabbiare Mario, i vampiri quando s’arrabbiano sono veramente pericolosi – Le suggerii io, cercando di farla desistere e prendere lei il ruolo di spalla.
- Io nun c’ho paura de nessuno, manco dei vampiri! –
- Adesso ti metti anche a parlare in romanesco – La storia la devo scrivere io o te? - La redarguii.
- La scrivi te ma te la detto io – 
- E brava la signora! Ora oltre a scegliersi il ruolo, scrive anche la storia – Le risposi piuttosto alterata nel tono, che quasi l’avrei strozzata, ma non potevo.
- Vediamo un po’, visto che ti senti tanto brava, come ti chiameresti? –
- Sora Cecilia! 
- Perché sora e non soltanto Cecilia per esempio? 
- Dammi retta, Sora Cecilia sta meglio, parlo romanesco e sto a Roma.
- A Roma dove?
- In un condominio.
- Qualunque?
- Sì, per adesso nun me viè in mente artro –
- Mi hai scocciato per ore e questo è tutto quello che ti viene in mente?
- Invece de scoccià comincia a scrive, va! 
Iniziai a scrivere, più per togliermela da torno che per iniziare veramente la storia, che ancora era un semplice abbozzo nella mia mente. Battevo sui tasti tanto dettava lei.
- Un momento, sora Cecilia, ma Mario come entra nella storia? -
- Visto che me sta tanto simpatico, lo famo diventà vicino de casa mia. Mariù te va bene così? –
Mario, rinfoderò i canini, ormai rassegnato al ruolo di comprimario, annuì tanto per non sentirla più.
- E il titolo? – Le chiesi io, tanto ormai la storia era la sua.
- Tu registra “un vampiro in condominio” poi se vedrà
Sotto la sua dettatura, veloce, stentavo a battere sui tasti. Ogni tanto qualche lettera veniva fuori male, lei s’arrabbiava e mi redarguiva, 
- A Sora Cecì, vabbè che so’ tastierista, che copiavo pagine e pagine ar computer ma mica so’ un personaggio inventato come te. Ce vo’ er tempo che ce vo’! – La ripresi io non accorgendomi, che a forza di sentirla parlare in romanesco, anche io avevo preso a risponderle in dialetto.
Lei riprendeva a dettare rapida e io a stentare a seguirla. Alla fine venne fuori la storia.
Furbescamente, mentre lei dettava la fine, io la cambiai. Me la volevo togliere di torno, così la feci morire. Trovata cadavere dietro la chiesa. Fatto! Pensai, ora la storia la scrivo io e come mi pare.
Non era stupida la Sora Cecilia. Sobillò tutti i lettori, cominciò a piagnucolare che non era giusto, che lei aveva un ruolo da interpretare, che non la potevo far morire così e soprattutto non ero stata ai patti. Io dovevo solo battere sui tasti, la storia la scriveva lei e quella non era la fine che voleva fare.
I lettori, fecero una sollevazione.
- No, povera sora Cecilia, non deve morire così –
- Ha ragione lei!
- Non la puoi uccidere.
Messa così che potevo fare?  L’ho resuscitata, neanche fossi Gesù con le spoglie di Lazzaro, che il Signore mi perdoni l’accostamento.
- Senti, kamomì, ciò ripensato…- Iniziò lei, dopo essersi stiracchiata e aver controllato che le avevo rimesso a posto tutte le giunture.
- Agli ordini capa – Le risposi io, dato che non me ne potevo liberare tanto valeva assecondarla.
- Riscrivemo l’inizio, mejo che ner condominio, sarebbe bene ambientà la storia, in un lotto alla Garbatella –
- Dici, sora Cecì?  Sì, mi piace, sei forte lo sai?- Ormai mi stava diventando anche simpatica.
Riscrivemmo quasi tutta la storia e Mario, che diventava sempre più importante ne fu contento anche lui.
- Mettela sur blogghe, vedemo che ne penseno i lettori, poi in caso, ciavrei n’antra idea –
- Un’altra? – Ormai non mi meravigliavo più di quel vulcano d’idee, dal carattere forte e pepato.
Pensai al povero Mario, perché lui, così schivo, fu costretto nella storia e nella sua stesura a subire l’invadenza di Cecilia un po’ come la sottoscritta.
- Kamomì, te la ricordi a’ vecchia storia de l’ostie? Quella che girava tempo fa? Quanno l’aveveno rubate da San Francesco Saverio? – 
- Vagamente, è storia vecchia – Le risposi cercando di ricordarmela meglio. Possibile che questa rompiscatole di Cecilia sapesse tutto, ma proprio tutto sulla Garbatella?
- E’ ovvio, ce so nata!- Rispose lei
- Leggi anche nel pensiero ora? Da quando sei nata alla Garbatella?
- Da adesso! 
Certo! Perché meravigliarsi, è un personaggio di una storia, può nascere, morire e resuscitare.
Ricominciammo, lei dettava e io battevo sui tasti. Mario sbadigliava in attesa di entrare in scena.
Poi venne la volta della strega. 
- Mo’ scrivemo pure la storia de quella tomba, te la ricordi, kamomì?-
- Sora Cecilia, io vorrei avere un po’ di pausa, scrivere qualche altra storia, non mi puoi assillare con questi racconti, sempre te e anche Mario. 
- Io chiedo una settimana di ferie! – Esclamò a questo punto Mario.
- Zitto te, che la storia deve annà avanti – Gli tappò la bocca Cecilia
- No adesso, zitti tutti e due, sono io che scrivo qualche altra cosa – Conclusi io.
- Vi lascio liberi, andatevene dove vi pare ma non vi voglio vedere e sentire per un po’ – Così li mandai via.
Aprii un foglio nuovo di word, cercando di cambiare argomento e scrivere un nuovo racconto. Un nuovo personaggio, una nuova ambientazione.
Le dita restarono immobili, sui tasti. Scrissi una frase, la cancellai. Provai allora con un titolo.
Nulla, buio pesto. Il titolo non voleva venire fuori. 
Presa dal blocco dello scrittore, me ne andai a dormire. Fu un incubo.
- Te l’ho detto, kamomì, devi scrive della strega! 
- Non è possibile, ora anche in sogno. Ma non eri andata in vacanza? Ho sonno, fammi dormire, lasciami in pace – La pregai io, girandomi nel letto dall’altra parte.
Questa storia si ripeté per varie notti, finché stanca di dormire male, dopo aver eliminato i peperoni dalla cena, pensando agli incubi da cattiva digestione, decisi di tornare a farmi dettare la storia.
- Strix, devi scrive così, quella è ‘na strega antica romana –
- Sai anche il latino ora? – 
- Da adesso! –
- E l’inglese? – le chiesi ironicamente io.
- Ancora no, ma tutto po’ esse.
Cecilia ci aveva preso gusto. Mario ormai aveva preso possesso dell’appartamento nel lotto e non aveva nessuna voglia di traslocare. Adesso Cecilia, aveva anche fatto amicizia con la Veggente e la sua civetta Messaggera. Chi se ne sarebbe più liberata?
Per un po’ mi lasciò perdere, la diabolica vecchietta, solo per un po’.
- Kamomì, volemo scrive n’antro Garbahorror? –
- Sentiamo di cosa tratterà questo –
- Ciavrei n’idea …-

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