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sabato 15 novembre 2025

La bottega di Mastro Bernardino

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiol, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s’affretta, e s’adopra
a fornir l’opra anzi il charir dell’alba

Elaborato sulla strofa de "il sabato del Villaggio" di Giacomo Leopardi

Il cielo è di velluto scuro, puntellato di stelle, ha steso la sua coltre sulle case. Una pallida falce di luna allunga flebili ombre sui vicoli e le strade. Gli umani affanni tacciono e hanno lasciato il posto al frinire dei grilli e al richiamo d’amore di una civetta in primavera. Di notte ancora fa fresco, dai camini escono sbuffi di fumo che inondando l’aria di fuliggine e odore di legna bruciata. Si può scorgere, da lontano, una luce tremolare, esce dalla finestra di una casa, accanto alla chiesa. È la dimora di mastro Bernardino, il falegname. La sua bottega è collegata con una porticina all’alloggio in cui vive, con sua moglie Sperandina, sono soli e anziani. La donna ha preparato una zuppa d’orzo; l’ha cotta nel paiolo, sopra il fuoco sfrigolante del caminetto. Ne versa due porzioni e nella stanza si spande il profumo del cibo. Sperandina s’affaccia alla porta e chiama suo marito per la cena, Bernandino è ancora molto preso dal suo lavoro, deve terminare una madia che gli ha commissionato il parroco. La consegna deve essere fatta prima delle lodi mattutine. L’uomo fa cenno alla moglie e rifiuta, per ora, la cena. Le dice che non ha tempo da perdere, perché è indietro col lavoro, la mangerà più tardi. Alla fine sua moglie mangerà da sola, assaporando con gusto la zuppa bollente che sa di patate e verdure. Sperandina conosce bene suo marito, sa che la cena sarà probabilmente la sua colazione. Torna dentro casa e mette la ciotola accanto alle braci, per tenerla in caldo, poi, si siede e prende il suo ricamo, una tovaglia con fiori e foglie a cui sta lavorando da mesi. Alla fioca luce della lucerna ad olio, le sue mani allungano gugliate di filo in gesti ormai meccanici, mentre la sua mente vaga. Si preoccupa per il troppo tempo che suo marito trascorre lavorando senza soste, ma è anche grata, perché le entrate che ne derivano permettono loro di non soffrire la fame. Dalla bottega giungono i rumori a lei familiari, lo stridore della sega, la pialla che getta a terra riccioli di legno, il martello che pianta chiodi. Bernardino liscia e leviga ogni spigolo, passa la mano sul legno per controllare di aver tolto ogni asperità. Con lo scalpello continua a incidere un disegno sullo sportello della madia: una croce con in mezzo l’Ostia e dei raggi che s’irradiano verso l’esterno, è stato il prete a volerlo così. Il campanile della chiesa ha rintoccato l’una. Sperandina dà la buona notte a Bernardino, il sonno ha vinto la sua battaglia, con gli occhi semichiusi sale le scale che conducono al piano di sopra, dove c’è la stanza da letto. Bernardino continua il suo lavoro, tra uno sbadiglio e l’altro e lo stomaco che brontola. Manca poco all’alba, il campanile rintocca le cinque, tra poco saranno le lodi e lui dovrà essere pronto.

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