Gaetano Previati - La danza delle ore |
S’allungano le ombre,
inizia la notte. Ci si corica con fastidio e ansia. Le lenzuola che
odorano di bucato non leniscono la sensazione di angoscia.
Il libro e gli occhiali
sul comodino. Fuori piove, leggero picchiettio sulla serranda. Una
lieve ninna nanna cantata dalla natura.
Gli occhi si chiudono,
si anela finalmente il sonno, la pace del guerriero che ha combattuto
con determinazione la proprio battaglia quotidiana. Un lento
scivolare nel sogno, un mondo onirico dove ci si tuffa nell’acqua
cristallina e si nuota, senza mai aver preso lezione, si vola senza
nessuna meraviglia.
E’ lì, in
nell’impercettibile confine, dove la realtà si fonde con
l’onirico, che la porta del sogno ti viene sbattuta in faccia.
Nella mente iniziano a
vorticare pensieri molesti. Ci si rigira nel letto, in quelle
lenzuola a cui l’ammorbidente, avrebbe dovuto dare la sensazione di
nuvola.
Quale dovrebbe essere
la posizione giusta? Si prova e riprova. Ci si rannicchia nella
posizione fetale, quasi a cercare l’ancestrale e materno liquido
amniotico. Si abbraccia il cuscino, in cerca di conforto. Si ascolta
il respiro regolare di chi già dorme da un pezzo. Ci si distende
supini, a fissare il soffitto nel buio. Le angosce del giorno
vorticano come falene anelanti la luce.
I sensi si affinano e
l’udito percepisce i piccoli fruscii, rumori impercettibili che il
giorno cela.
Il rosicchiare di un
tarlo, un febbrile lavorio da falegname. Una goccia ribelle nel
rubinetto, rimbomba sempre più forte, un tamburo nella giungla
profonda.
L’immaginazione si fa
guidare dai piccoli rumori. Inizi a pensare se hai chiuso bene la
porta di casa. Ne hai lette tante di notizie agghiaccianti, se
capitasse anche a te? Ti alzi e controlli. Torni a letto. Guardi
l’orologio, che dal comodino irradia numeri rossi.
Lo fissi con
determinazione, vuoi farli cambiare in fretta. Ottieni solo
l’opposto. Il tempo si dilata e non passa mai. Ti sembra di star
vivendo lo stesso eterno momento, quello in cui ti sei coricato.
Ti rigiri di nuovo,
riabbracci il cuscino ma ormai ti verrebbe voglia di gridare: basta!
La porta del sogno
resta chiusa. Ne hai perse le chiavi. I piccoli numeri luminosi
rossi, occhieggiano fissi. Ti rialzi silenziosamente, non vuoi far
uscire dal sogno chi è riuscito ad entrarci.
Un bicchiere d’acqua
e lo trangugi con la voglia di voler annegare il tempo immobile.
Accendi la tv, sperando
di anestetizzarti, aspetti che il sonno, preso in un momento di
distrazione, ti assalga e spalanchi la porta.
Sullo schermo le
immagini corrono, i tuoi occhi li vedono ma non guardano. Uno
sbadiglio e pensi che finalmente ce l’hai quasi fatta.
Era soltanto una
tattica errata, uno sbadiglio orfano e solitario. Il dito sul
telecomando cambia rapidamente tasto, ancora e ancora. Lo sbadiglio
non vuole tornare, lo richiami all’ordine, ma lui sordo s’è
nascosto in qualche anfratto inaccessibile.
Spegni e torni al
letto. Il profumo del detersivo penetra nelle narici. Ti avvolgi
nelle coperte come in un bozzolo protettivo. Vorresti tenere fuori
quello che ti fa più paura. La notte buia e sconosciuta come la
morte, la luce brillante e vorticosa come la vita.
Finalmente arriva
l’alba. Un colore rossastro penetra tra le serrande. Un chiarore
amico rischiara la stanza. Lentamente la porta si schiude e tu,
abbracciato al cuscino stai già levitando su una nuvola.
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