A te navigante...

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venerdì 26 ottobre 2012

Insonnia


Gaetano Previati - La danza delle ore


S’allungano le ombre, inizia la notte. Ci si corica con fastidio e ansia. Le lenzuola che odorano di bucato non leniscono la sensazione di angoscia.
Il libro e gli occhiali sul comodino. Fuori piove, leggero picchiettio sulla serranda. Una lieve ninna nanna cantata dalla natura.
Gli occhi si chiudono, si anela finalmente il sonno, la pace del guerriero che ha combattuto con determinazione la proprio battaglia quotidiana. Un lento scivolare nel sogno, un mondo onirico dove ci si tuffa nell’acqua cristallina e si nuota, senza mai aver preso lezione, si vola senza nessuna meraviglia.
E’ lì, in nell’impercettibile confine, dove la realtà si fonde con l’onirico, che la porta del sogno ti viene sbattuta in faccia.
Nella mente iniziano a vorticare pensieri molesti. Ci si rigira nel letto, in quelle lenzuola a cui l’ammorbidente, avrebbe dovuto dare la sensazione di nuvola.
Quale dovrebbe essere la posizione giusta? Si prova e riprova. Ci si rannicchia nella posizione fetale, quasi a cercare l’ancestrale e materno liquido amniotico. Si abbraccia il cuscino, in cerca di conforto. Si ascolta il respiro regolare di chi già dorme da un pezzo. Ci si distende supini, a fissare il soffitto nel buio. Le angosce del giorno vorticano come falene anelanti la luce.
I sensi si affinano e l’udito percepisce i piccoli fruscii, rumori impercettibili che il giorno cela.
Il rosicchiare di un tarlo, un febbrile lavorio da falegname. Una goccia ribelle nel rubinetto, rimbomba sempre più forte, un tamburo nella giungla profonda.
L’immaginazione si fa guidare dai piccoli rumori. Inizi a pensare se hai chiuso bene la porta di casa. Ne hai lette tante di notizie agghiaccianti, se capitasse anche a te? Ti alzi e controlli. Torni a letto. Guardi l’orologio, che dal comodino irradia numeri rossi.
Lo fissi con determinazione, vuoi farli cambiare in fretta. Ottieni solo l’opposto. Il tempo si dilata e non passa mai. Ti sembra di star vivendo lo stesso eterno momento, quello in cui ti sei coricato.
Ti rigiri di nuovo, riabbracci il cuscino ma ormai ti verrebbe voglia di gridare: basta!
La porta del sogno resta chiusa. Ne hai perse le chiavi. I piccoli numeri luminosi rossi, occhieggiano fissi. Ti rialzi silenziosamente, non vuoi far uscire dal sogno chi è riuscito ad entrarci.
Un bicchiere d’acqua e lo trangugi con la voglia di voler annegare il tempo immobile.
Accendi la tv, sperando di anestetizzarti, aspetti che il sonno, preso in un momento di distrazione, ti assalga e spalanchi la porta.
Sullo schermo le immagini corrono, i tuoi occhi li vedono ma non guardano. Uno sbadiglio e pensi che finalmente ce l’hai quasi fatta.
Era soltanto una tattica errata, uno sbadiglio orfano e solitario. Il dito sul telecomando cambia rapidamente tasto, ancora e ancora. Lo sbadiglio non vuole tornare, lo richiami all’ordine, ma lui sordo s’è nascosto in qualche anfratto inaccessibile.
Spegni e torni al letto. Il profumo del detersivo penetra nelle narici. Ti avvolgi nelle coperte come in un bozzolo protettivo. Vorresti tenere fuori quello che ti fa più paura. La notte buia e sconosciuta come la morte, la luce brillante e vorticosa come la vita.
Finalmente arriva l’alba. Un colore rossastro penetra tra le serrande. Un chiarore amico rischiara la stanza. Lentamente la porta si schiude e tu, abbracciato al cuscino stai già levitando su una nuvola.

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