Capitolo 14
Loretta era in volo per l’Italia. All’imbarco aveva di nuovo incontrato Roberto Rossi, il giovane avvenente che lavorava per il notaio di Praga.
Considerò l’incontro un segno del destino. La coincidenza le parve assai strana ma sapeva che Roberto, viaggiava molto tra l’Italia e Praga.
- Chi si rivede! – Esclamò lui con un pizzico d’ironia.
- Roberto Rossi se non erro – Le rifece il verso lei.
- Buon giorno Loretta Bottieri, come vedi anch’io non ho dimenticato il tuo nome. La vacanza è finita?
- Non è stata una vacanza, ho un compito da portare a termine per volontà di mio padre. Ricordi il testamento?
- Hai scoperto qualcosa?
- Non molto, è in Italia che debbo ricercare indizi, è lì che successe il fatto.
- Lojza non è partita con te?
- Per ora no, mi serve qualcuno a Praga, nel caso ci fossero da fare indagini incrociate.
- Io sto andando a Milano per conto di un cliente, ne ho per due giorni. Se vuoi, dopo, posso accompagnarti.
- Mi farebbe piacere, ma sappi che non sarà una vacanza.
- Ne avevo un piccolo sentore – Rispose lui ridendo.
Si separarono all’atterraggio a Malpensa. Loretta prese il treno per Venezia.
Dal finestrino si susseguivano immagini della pianura, piatta ma sempre diversa. Coltivazioni intensive si alternavano a canali d’irrigazione. La sua mente vagava, le passavano davanti agli occhi ma non le vedeva veramente.
Loretta ripensava agli ultimi avvenimenti di quel periodo. La sua vita era stata completamente sconvolta da tante rivelazioni. Il suo rancore verso la madre stava crescendo. Quello che aveva appreso di suo padre, l’aveva sconvolta, analizzava adesso la sua vita da altre angolazioni. Si spiegava soltanto ora, tanti atteggiamenti della madre, che lei non aveva mai compreso. Le venne un nodo alla gola. Sua madre, forse, ancora oggi non aveva accettato la sua presenza.
Scacciò questo pensiero molesto. Si rese conto che tutto quello che faticosamente era riuscita ad ottenere dalla vita, l’aveva fatto per dimostrare a sé stessa, che lei, era in grado di farcela da sola ma inconsciamente aveva sempre ricercato anche l’approvazione della madre.
In quest’indagine lei, voleva scrollarsi di dosso questa condizione di sottomissione psicologica nei confronti della figura della Poetessa. Avrebbe indagato solo per la memoria di suo padre e per sé stessa. Avrebbe riscattato l’onore della famiglia ma poteva anche ricavarne qualche soddisfazione personale.
Ripercorse con la memoria la storia di suo nonno e di Bianca, mentre sfogliava i diari di suo padre.
Una volta a Venezia, l’indagine sarebbe partita dal vecchio albergo dove avvenne il fatto, di cui
Loretta conosceva il nome e la via. S’avvio verso un internet caffè per fare una ricerca veloce.
L’albergo aveva cambiato gestione più volte, ora aveva un altro nome, fu l’ubicazione che le permise di rintracciarlo. Si trovava nel sestiere S. Polo in pieno centro della città.
Dalla stazione, s’avvio a piedi, non era distante e poi la città, benché molto affollata, le trasmetteva una sorta di calma interiore, con quella sua vita sospesa nel tempo, sempre uguale a sé stessa. Camminava lentamente come volesse assaporare l’odore salmastro che s’innalzava dai canali, il rumore dei vaporetti, il cicaleccio multilingue dei turisti, che inchiodavano ad ogni passo per immortalare scorci della città.
Loretta entrò nella hall dell’albergo e attese che il portiere si liberasse di un gruppo di tedeschi.
- Vorrei una stanza singola – Chiese lei.
- Senza prenotazione, non so… Mi faccia controllare il registro. E’ fortunata, si è appena liberata la 32, su al terzo piano.
- Per ora resterò tre notti. In caso, posso riconfermare?
- Non c’è nessun problema. Ecco le chiavi.
Una volta in stanza si sdraiò sul letto pensando ad una strategia da seguire, era troppo stanca per il viaggio e s’addormentò, così, vestita col diario di suo padre stretto al petto.
Un paio d’ore dopo, fu svegliata dal suono del cellulare. Era Lojza che voleva sapere se il viaggio era andato bene e se avesse rintracciato l’albergo.
Loretta le spiegò che non era stato difficile, ma che ora aveva un altro nome ed era stato completamente ristrutturato. Doveva indagare per sapere se fosse stata cambiata la pianta delle singole stanze.
Dopo essersi rinfrescata e cambiata d’abito, scese nella hall per parlare col personale.
Il ragazzo alla reception era intento in una conversazione telefonica in inglese. Loretta attese che fosse disponibile.
- Desidera qualcosa?
- Se ha due minuti, vorrei farle alcune domande sull’albergo.
- Ha avuto dei problemi con la stanza?
- No, va tutto bene. E’ una vecchia storia…
Loretta riassunse brevemente la storia del delitto, disse che doveva scrivere un articolo per un importante giornale, che avrebbe citato il nome di chi le avesse dato una mano nell’indagine.
Il giovane, pensando che forse la cosa avrebbe potuto nuocergli, le disse che doveva chiedere al direttore e non a lui. Loretta si fece dare un appuntamento per il pomeriggio col direttore. Poi uscì a piedi per la città.
Tornò per l’ora prestabilita. Il direttore molto gentilmente la fece accomodare nel suo ufficio, una piccola stanza dietro il banco della reception.
- Renzi, mi ha accennato al suo problema. Mi dica, come posso aiutarla?
Loretta per l’ennesima volta, raccontò la storia e gli chiese dei vecchi registri.
- Dovrei fare una ricerca nell’archivio. Lavoro qui da cinque anni, non so molto del passato dell’albergo. Ripassi domani a quest’ora, spero di poterle dare qualche buona notizia.
Il resto del pomeriggio, Loretta lo impiegò per fare acquisti di souvenir da portare alla sorella a Praga. La sera dopo, con una certa riluttanza, dovuta ad una forma di pudore, chiamò Roberto.
- Loretta, sono molto contento di sentirti!
- Come procede il tuo lavoro a Milano?
- Noiosamente, spero di liberarmi per domani. Dove ci possiamo incontrare?
- Ti do l’indirizzo dell’albergo in cui risiedo.
- Hai scoperto qualcosa d’importante?
- Non ancora, spero di avere qualche nuovo indizio domani.
- Cosa fai stasera?
- Penso di cercarmi un locale per mangiare, qualcosa di tipico.
- Te ne consiglio uno io, a me piace molto e ci torno ogni volta che vengo a Venezia.
Loretta s’appunto il nome del ristorante, parlarono qualche altro minuto senza toccare argomenti che potessero andare troppo sul personale.
Il giorno dopo, Loretta incontrò di nuovo il direttore dell’albergo.
- Non è stato facile trovare i vecchi registri. Pensavo li avessero eliminati.
I nuovi proprietari, sembra li abbiano tenuti proprio per l’antica storia del delitto. Risultavano infatti, soltanto quelli relativi al periodo da lei citato.
- Una fortuna inaspettata! – Esclamò Loretta, che stava perdendo le speranze.
- Può restare nel mio ufficio per la consultazione. Le posso offrire un caffè?
- Sì grazie, sarà un lavoro lungo e noioso.
Capitolo 15
Il caffè ormai si era raffreddato. Loretta concentrata nello sfogliare i registri, l’aveva completamente dimenticato.
Leggeva e rileggeva nomi, date e orari che non le dicevano assolutamente nulla.
Esaminò i documenti relativi alla vendita del vecchio albergo.
Chiedendo in giro al personale, qualcuno le raccontò che dopo il delitto, gli affari erano precipitati.
Si mormorava che la gente, evitasse di soggiornare lì, per paura di essere compromessa nelle indagini ma anche forse per una forma di superstizione.
Prima che fallisse del tutto, i vecchi proprietari lo avevano venduto. Era passato di mano in mano, cambiando gestione più volte, finchè il tempo trascorso, aveva relegato nel dimenticatoio il vecchio delitto e gli affari con il nuovo turismo, avevano ripreso quota.
Di questa indagine Loretta aveva deciso di tenere una sorta di diario, di annotare tutti gli indizi di cui veniva a conoscenza, intervistando le persone o scartabellando nei documenti.
Leggendo il nome di Ruggiero Palmieri, nei registri dell’albergo, le venne un sussulto. Dove aveva letto quel nome? Non riusciva proprio a ricordarlo ma non era un nome nuovo.
Ricominciò a sfogliare tutto dall’inizio e s’accorse di non averlo notato prima, quel nome, ricorreva molte volte, in date più o meno cadenzate a distanza di quindici giorni l’una dall’altra. Prendeva sempre la stessa stanza la 15, al primo piano.
Qual’era la suite che il nonno divideva con Bianca?
- La numero 16! - Esclamò trionfante a voce alta. La stanza di fronte alla 15.
Queste non erano coincidenze casuali, fu certa di aver scoperto qualcosa d’importante.
Chiamò sua sorella Lojza a Praga.
- Sorellina, credo di aver scoperto qualcosa. Sai nulla di un certo Ruggiero Palmieri?
- Aspetta, Loretta, quel nome, non mi è nuovo. Ti richiamo tra un po’, devo cercare nelle carte di papà.
Il cellulare le squillò in mano. Loretta neanche lo aveva poggiato sulla scrivania.
- Loretta, Ruggiero Palmieri, a quanto risulta dai nostri archivi, è un vecchio fornitore che conosceva il nonno. Sembra che fossero amici, però papà non me ne ha mai parlato, quando accennava al suo indagare sul caso.
- Probabilmente successe qualcosa tra loro e il nonno non ne volle più sapere. Papà non avrà avuto modo di mettere in relazione i vari indizi.
- Deve essere così. Da quello che so, papà non è mai arrivato, dove sei arrivata tu.
- Sono una brava giornalista, non credi? - La domanda era scontata e Lojza le rispose con una sonora risata.
- Pensi che debba venire a Venezia? – Chiese Lojza
- Per ora mi servi a Praga. C’è Roberto che domani arriverà qui per aiutarmi.
- Roberto?
- Sì, Roberto Rossi, quello che lavora con il notaio al complesso “Ginger e Fred” lì a Praga.
- Ah, quel Roberto! Quello carino che ti mangiava con gli occhi? – le chiese la sorella prendendola in giro
- Lojza, finiscila! E’ solo per lavoro.
- Forse…
- Ciao sorellina ti devo salutare – Loretta tagliò corto, mentre si sentiva avvampare le guance.
Il mattino seguente, mentre Loretta, era nella hall dell’albergo, intenta a sorseggiare un bel cappuccino pieno di schiuma, squillò il cellulare e sul display comparve il nome di Roberto.
Lei sentì un piccolo tonfo al cuore, deglutì nervosamente un paio di volte, inspirò a pieni polmoni una boccata d’aria e solo dopo riuscì a rispondere.
- Ciao Loretta, sono appena arrivato a Venezia.
- Ti aspetto qui, mi troverai nella hall, l’indirizzo dell’albergo ce l’hai.
- Bene, ci vediamo tra mezz’ora – Roberto senza apparente ragione, passò ad una domanda personale.
- Loretta, ti piace la musica classica?
- Abbastanza, perché?
- Stasera vorrei portarti a sentire un concerto.
A Loretta tremarono leggermente le mani ma risposte con voce ferma:
- Mi farebbe molto piacere.
Un’ora dopo i due erano completamente immersi nella documentazione dell’albergo.
- Vedi Roberto, qui le date coincidono. Bianca Zambon, soggiornò dal 24 settembre al 30 alla solita suite la numero 16. Nello stesso periodo, risulta la presenza di Ruggiero Palmieri, la sua stanza la numero 15, di fronte a quella della Zambon.
- Se guardi bene, tuo nonno, Francesco giunse tre giorni dopo.
- L’avevo notato ed è questo che mi ha fatto pensare, che la Zambon, avesse una relazione segreta anche con il Palmieri.
- Sarebbe molto interessante poter consultare i verbali degli interrogatori, fatti all’epoca dagli inquirenti.
- Lo penso anch’io, ma sarà impossibile accedervi.
- Tu sei una giornalista e io conosco un certo maresciallo.
Capitolo 16
La stazione dei carabinieri era come al solito piena di gente.
Un appuntato, prendeva nota dei fatti, redigendo un breve verbale al computer, battendo svogliatamente sui tasti.
Loretta e Roberto entrarono e chiesero del Maresciallo Guidi.
- Sta per arrivare, accomodatevi in sala d’attesa, vi farò chiamare.
- Com’è che conosci questo Maresciallo?
- Abbiamo fatto insieme l’università a Roma. Lui, ha voluto entrare nell’arma, come suo padre e suo nonno, fu trasferito a Venezia un paio d’anni fa. Ogni tanto mi da una mano, sai il mio lavoro, a volte, mi porta a dover fare qualche piccola indagine.
- Roberto, mi fa molto piacere rivederti! – Esclamò entrando il maresciallo. Perfettamente a suo agio nell’impeccabile divisa. Le due strisce rosse ai lati del pantalone, lo facevano apparire anche più alto di quello che in realtà fosse.
- Marcello, come te la passi tra scartoffie e pattuglie?
- E’ il mio lavoro. In questo sestiere, più che altro si verificano furti ai danni dei turisti. Dimmi, piuttosto, hai bisogno di qualcosa?
- A dire il vero, ci servirebbe il tuo aiuto per un vecchissimo caso. Ti presento la signorina, Loretta Bottieri, giornalista.
Il maresciallo, molto professionalmente salutò Loretta, aveva però un pizzico di diffidenza nel confronti della categoria dei giornalisti. Sapeva che quando c’era qualche caso importante da indagare, come segugi se li trovava alle calcagna, quei maledetti giornalisti, che non mollavano mai l’osso e riportavano, a volte, notizie completamente stravolte, pur di riempire le pagine dei giornali.
- Loretta, è qui come giornalista ma sta indagando su un caso che la riguarda personalmente. Un vecchio caso.
- Vecchio quanto?
- Molto.
- Allora non sarà stato registrato sul nostro archivio digitale.
- Non credo proprio. Risale ai primi decenni del secolo scorso.
- Bisognerà armarsi di pazienza e ricercarne i verbali nei nostri archivi alla sede centrale.
- E’ proprio questo il favore che ti stiamo chiedendo.
- Dovrò chiedere ai colleghi dell’archivio. Ti contatterò più tardi ma ora parlami un po’ di te, come ti tratta quel tuo notaio a Praga?
I due amici, tra una risata e una pacca sulle spalle, chiacchierarono per una mezz’ora. Marcello offrì un caffè ai due. Scrutava Loretta, senza farsene accorgere, professionalmente, una forma di deformazione che lo portava a studiare l’atteggiamento delle persone che aveva di fronte. Loretta, se ne stava in disparte, ogni tanto entrava nel discorso ma piuttosto a disagio. Informò brevemente il Maresciallo Guidi della storia della sua famiglia, del testamento di suo padre, dell’aiuto che le stava dando Roberto e la sua speranza di poter arrivare ad una diversa conclusione nelle indagini, rispetto a quella antica degli inquirenti.
Il mattino seguente, con tutti i permessi burocratici in mano, Loretta e Roberto, poterono finalmente accedere ai verbali dei vecchi interrogatori.
- Guarda qui! - esclamò Loretta – C’è stato un testimone.
- Leggi che prendo appunti – La esortò Roberto.
Loretta lesse: “Il qui presente, signor Nello Rossi…”
- Parente tuo, per caso? – Disse ridendo Loretta
- Noi Rossi, siamo una grande famiglia! – Rispose lui scherzandoci sopra.
Loretta riprese: “Nello Rossi, di fu Giovanni, in data… , dichiara di aver visto, il Ruggiero Palmieri in compagnia di Bianca Zambon più volte. I due, accorgendosi di essere osservati, finsero di non conoscersi. Alcune notti prima del delitto, il Rossi, dichiara di averli incrociati nel corridoio del primo piano, all’altezza delle loro stanze, in atteggiamento inequivocabile”.
- Lo strano è che, negli atti del processo, che ho consultato per alleggerirti il lavoro, non risulta nessuna testimonianza di questo Nello Rossi – Osservò Roberto.
- Forse se andiamo avanti a leggere, scopriremo il perché.
I verbali riempivano volumi e volumi, gli interrogatori erano stati numerosi, tanti, quanti i clienti dell’albergo presenti il giorno del delitto.
Passavano le ore, mentre i due amici, leggevano e scartavano materiale.
- Ora ti leggo questo stralcio di verbale – Disse Roberto sbadigliando
- “Il signor Nello Rossi, ritratta la sua testimonianza. Dichiara di non essere più sicuro che fossero veramente la vittima e il sospettato, quelli che incontrò nel corridoio. A fronte di questo aggiornamento, la testimonianza in tribunale del Rossi, viene dichiarata nulla”
- Ecco spiegato il perché, nel processo, non risultarono testimoni a favore del nonno.
- Il Rossi, avrà ritrattato perché pagato per farlo? Per paura di essere coinvolto nello scandalo?
- Non credo abbia molta importanza il motivo della ritrattazione – Concluse Loretta prima d’invitare Roberto a fare una pausa pranzo.
- Sai che sto pensando? – Chiese Loretta a Roberto, mentre ingoiava un boccone del tramezzino al tonno e maionese.
- Cosa? – Rispose lui aspirando coca cola dalla cannuccia.
- Che dovremmo andare a parlare con la nipote del Palmieri –
- Mi sto perdendo qualche parte dell’indagine? Da dove salta fuori questa nipote?
- Scusami, ho dimenticato di parlartene. Mentre leggevo i documenti dell’albergo, ho trovato il nome della moglie, che una sola volta, venne a Venezia col Palmieri, ovviamente la Zambon quel periodo non soggiornò in albergo. Incuriosita ho cercato notizie, ho scoperto che una certa Antonia Ruggeri è la nipote del sospettato. Risiede a Bologna, dovremmo andare a parlarle potrebbe avere qualche nuovo indizio.
- Ci organizzeremo per Bologna. Che ne dici se prenoto due stanze in un albergo economico ma pulito che conosco lì?
- Dico che è un’ottima idea!
- Sei pronta per il concerto di stasera?
Loretta che aveva dimenticato l’invito, arrossì un poco abbassando gli occhi.
- Te ne sei dimenticata!
- No… un poco, ma ci tengo veramente molto.
- Dovrai farti perdonare per questo! – Concluse Roberto ridendo, mentre aspirava le ultime gocce di coca cola dalla lattina, si udì il rumore del risucchio.
Capitolo 17
- Bologna, stazione di Bologna! – L’altoparlante lo ripeté due volte. Loretta e Roberto, erano già pronti per scendere.
L’afa era veramente insopportabile, quella mattina e i due, in breve tempo ebbero le magliette intrise di sudore.
Sul marciapiede della stazione, c’era il solito via vai di gente con bagagli al seguito. Chi correva, tirandosi appresso la valigia al traino, facendo inciampare i malcapitati che incrociava sulla sua strada, chi consultava il cartellone elettronico alla ricerca del binario, chi bivaccava in attesa del treno.
- Sai dove abita Antonia Palmieri? – Chiese Roberto affannandosi dietro alla falcata di Loretta.
- Sì in periferia, dovremmo prendere l’autobus.
- Le hai parlato?
- Le ho telefonato ieri, le ho accennato all’indagine che stiamo conducendo, mi è sembrata molto disponibile ad aiutarci.
Dopo mezz’ora nel traffico di Bologna, i nostri due amici giunsero a casa della nipote di Palmieri.
Li accolse una signora di circa cinquant’anni, molto curata nell’aspetto. Indossava un paio di ampi pantaloni neri e una maglietta grigia, su cui spiccava in filo di perle. Si era preparata per l’occasione.
- Signora, Antonia, posso chiamarla per nome? Chiese Loretta, che cercava in questo modo d’instaurare un clima amichevole.
- Certamente, tolga anche quel signora, che mi fa sentire un po’ anziana.
- Antonia, siamo qui per porle qualche domanda su suo nonno – Continuò Roberto – Conosce il delitto di Bianca Zambon?
- Lo conosco, in famiglia se ne parlò per generazioni.
- Suo nonno, a quanto ci risulta, conosceva la Zambon.
- Purtroppo! – Qui, la signora Antonia, abbassando gli occhi, fece una lunga pausa accompagnata da un sospiro.
- Sapeva dunque della relazione tra suo nonno e Bianca Zambon? – Chiese Loretta incalzandola a rispondere.
- Sì, ne eravamo a conoscenza.
- Ci racconti quello che sa – La incitò Roberto.
- Mio nonno, conobbe la Zambon ad una cena di lavoro. Lei, accompagnava un personaggio politico importante di quel tempo. Mio nonno fu subito affascinato dalla sua bellezza, dai suoi modi signorili, dal suo portamento.
- Come fa a conoscere tutti questi dettagli? – Chiese Loretta, meravigliata che dopo tutto quel tempo trascorso e la clandestinità della relazione, lei conoscesse dettagli così personali di suo nonno.
- Capirà sentendo tutta la storia.
- Siamo tutti orecchi – Rispose Roberto
- Ho passato l’infanzia con mia nonna, praticamente mi ha cresciuta lei. E’ per amore suo e in sua memoria che ho deciso d’aiutarvi nelle indagini.
- Sua nonna dunque era a conoscenza della relazione?
- Sì, e ne soffrì moltissimo. A quel tempo non c’era il divorzio, impensabile una separazione. Dovette fingere di non sapere, di non vedere, con lui e con tutti.
- Mio nonno, dopo aver conosciuto Bianca Zambon, cominciò a corteggiarla. Lei inizialmente, finse di respingerlo, si sdegnava delle sue avances, diceva di essere già impegnata sentimentalmente ma fu ben felice di accettare la sua corte.
- So che suo nonno era un amico del mio, Francesco Bottieri.
- Sì, avevano affari in comune e purtroppo, anche l’amante.
- Lei quindi sa, della doppia relazione.
- Quando mio nonno, morì, appresi da mia nonna tutta la storia. Lei ancora ne soffriva, l’aveva odiato tutta la vita ma le era stata a fianco comunque. Vedendo negli occhi di mia nonna la sua sofferenza, anche io cominciai ad odiare quel nonno che io avevo conosciuto molto poco, più una figura lontana che reale. E’ per questo che ho deciso d’aiutarvi, anche io voglio conoscere la verità su questa storia. Neanche io ho mai pensato che suo nonno, il signor Bottieri, fosse colpevole.
- Chi pensa allora fosse l’omicida? – Chiese Loretta.
La signora Antonia, abbassò gli occhi e non rispose subito.
- Preferisco attenermi ai fatti, spero lo scopriate voi.
- Continui, come è venuta a conoscenza dei dettagli? Le chiese Roberto.
- Mio nonno, nascose molte lettere di una corrispondenza intima, tra lui e la Zambon tra i numerosi libri della sua biblioteca privata. Lì mia nonna non metteva mai piede. Quando lui morì, le trovammo, ma le nascondemmo alla nonna, per non rinnovarle il suo antico dolore.
- Cosa contenevano le lettere? – Chiese Loretta
- Lette cronologicamente, si può ricostruire la loro relazione.
- Potremmo averle, le promettiamo di averne estrema cura.
- Ho deciso di aiutarvi, ve le cedo volentieri – Concluse la signora Antonia, porgendole a Loretta.
Tornati in albergo, Loretta e Roberto, passarono una notte insonne, nella stanza di lei, leggendo e rileggendo lo scambio epistolare tra la vittima e il Palmieri. Ogni tanto Roberto, si soffermava ad osservare Loretta, mentre lei era concentrata nella lettura.
Gli piaceva quella sua espressione imbronciata, il suo modo d’attorcigliarsi i capelli mentre leggeva seduta sul letto con le gambe incrociate. Loretta, l’aveva colpito, fin dal primo giorno che l’aveva vista alla mostra d’arte. Non era soltanto la bellezza di lei, ma quel qualcosa di speciale che emanava, un misto di fragilità, che solleticava il suo istinto protettivo, assieme a quella grande determinazione che nascondeva un carattere forte. Era dolce con una punta pepata che proprio non gli dispiaceva.
Loretta ignara dei sentimenti che sobbollivano lentamente in Roberto, gli lesse un brano di una lettera del Palmieri.
- Ascolta, Roberto: “Mia dolce amata, sto soffrendo molto. Non posso immaginare te, così dolce e voluttuosa tra le sue braccia. Il solo pensiero mi causa un dolore orrendo. Perché mi fai questo?...
- Lui, quindi sapeva che la Zambon aveva un’altra relazione. Però non accenna al nome del rivale, non qui almeno.
- Lo fa in questa lettera che sto leggendo io – La interruppe Roberto.
- “Mia cara Bianca, non posso più continuare così. Non posso vederti, parlarti, se lui è con te. Fingere di non conoscerti è per me una grande sofferenza. Ti prego, lascialo e resta con me –
- Mi sembra un appello accorato – commentò Roberto.
- Voi uomini, vi fate sempre abbindolare da certi tipi di donna –
- Noi uomini? – Domandò un po’ permalosamente Roberto.
- Continua a leggere – Tagliò corto Loretta.
- “Bianca, il mio è l’ultimo appello che ti faccio. L’ultima preghiera di un uomo innamorato, che senza di te non ha ragione di vivere. Cos’ha il Bottieri, cosa ti offre, che io non possa offrirti?”
- Eccolo qui, l’accenno al nonno! – Esclamò Loretta, talmente entusiasta che aveva abbracciato Roberto. Lui, ne restò turbato.
- Mi sembra ci sia una velata minaccia di suicidio.
- Forse, voleva attirare l’attenzione di lei, farla sentire in colpa.
- Una donna come la Zambon? – Disse con sarcasmo Loretta.
- Avrà avuto un cuore anche lei.
- Io direi piuttosto un portafoglio da riempire - Concluse lei.
- Mi sembra una giusta osservazione, però il Palmieri è morto di morte naturale –
- Ma la Zambon è stata ammazzata!
- Tu sospetti del Palmieri? – Chiese Roberto.
- Ho forti sospetti, non una piena certezza, le prove non le abbiamo. Anche la nipote, benché abbia taciuto, mi è sembrato sospettasse di lui.
- Facciamo una pausa. Loretta, ti andrebbe di provare un ristorante tipico di cui conosco il proprietario? – Loretta annuì, mentre lui le porgeva il suo pacco di lettere da leggere. Le mani si sfiorarono e lei ebbe un brivido dietro la schiena. Nulla trapelò e Roberto non se n’accorse.
Davanti ad un piatto di ravioli, sorseggiando un bicchiere di Sangiovese del 2007, i due passarono la serata a parlottare del caso, ma sotto la cenere covava la brace.
Capitolo 18
Il mattino seguente, andarono all’aeroporto a prendere Lojza.
- Sorellina, non sai quanto mi faccia piacere rivederti – Disse Loretta abbracciandola.
- Loretta, sono felice anch’io di vederti ma sono solo pochi giorni che sei partita da Praga.
- Lo so, ma io non ho mai avuto una sorella fin’ora.
Mi hai accennato al telefono di avere qualcosa da farmi vedere.
- Rovistando nei documenti custoditi da papà, ho ritrovato una vecchia agenda del nonno.
- Cosa hai scoperto? – Domandò Roberto, cercando di inserirsi nella conversazione serrata tra le due.
- Nulla d’importante. Almeno in apparenza, però alla luce di quello che mi avete raccontato, potrebbe invece essere un indizio fondamentale.
- Hai fatto colazione?
- Non proprio, sai, ormai sugli aerei ci sono solo spuntini disgustosi.
- Vieni, ti faremo assaggiare i croissant della pasticceria più famosa della città.
- Oggi, colazione all’italiana! – Esclamò Lojza.
Seduti al tavolo, sorseggiando un tè, Lojza porse l’agenda del nonno a Loretta.
- E’ dell’anno in cui si è verificato il delitto – Notò Roberto
- Papà ha conservato tutti i documenti del nonno, anche quelli apparentemente inutili, relativi a quell’anno. Ha sempre sperato che prima o poi, lui o qualcun altro, sarebbero riusciti a districare il bandolo di questa intricatissima matassa.
Loretta lentamente iniziò a sfogliare l’agenda. Vi erano annotati tutti gli appuntamenti del nonno.
Le cene di lavoro, le prenotazioni al famoso albergo di Venezia.
- Guarda, aveva una specie di parola in codice per definire i suoi incontri con la Zambon.
- E’ vero, l’ho notato anch’io!
- Potreste farlo vedere anche a me? – Chiese Roberto, sentendosi escluso e un po’ ignorato dalle due sorelle.
- Scusaci, è che siamo eccitate dall’idea di poter arrivare a scoprire qualcosa d’importante – Aggiunse Loretta, mentre gli tendeva l’agenda.
- “Prenotare la suite a Venezia. Incontro con il Cavalier Lombardo”… - Lesse a voce alta Roberto
- Il Cavalier Lombardo, secondo voi, sarebbe Bianca Zambon?
- Ricorre troppe volte, lo confronteremo con le date dei suoi soggiorni a Venezia, vedrai che coincideranno – Suggerì Loretta mentre Lojza annuiva.
Roberto continuava a sfogliare l’agenda. Indicando con l’indice sotto una voce, porse l’agenda alle due sorelle.
- Sarebbe questo l’indizio apparentemente insignificante?
- Credo di sì – Rispose Lojza – Voi che ne pensate?
- Che non è un indizio ma una vera e propria svolta. Con questo potremmo rifar riaprire il caso.
- Faccio immediatamente una telefonata al mio amico maresciallo.
- Maresciallo? – Chiese Lojza
- Sorellina, è un suo amico, un carabiniere, ci ha già aiutati per le indagini.
Il maresciallo, Marcello Guidi, li stava aspettando nel suo ufficio.
Nella stazione dei carabinieri c’era il solito via vai ma Lojza, fu colpita dall’apparente caos. Le voci alte, la gente che chiacchierava in sala d’attesa, i fermati che protestavano urlando. Nel suo paese tutto questo era impensabile. Vecchio retaggio da regime sovietico, le autorità ancora incutevano terrore.
- Roberto, sono contento di rivedervi. A quanto pare siete riusciti ad andare avanti e scoprire altri indizi.
- Siamo venuti per sapere se il caso possa essere riaperto – Chiese Loretta, quasi non facendogli finire la frase.
- Mia sorella è molto eccitata all’idea di poter scagionare nostro nonno – Intervenne Lojza.
- Lei è? – Chiese il maresciallo educatamente ma col fare professionale.
- Lojza Bottieri, sorella di secondo letto di Loretta.
- Piacere sono Marcello – Si presentò lui, col nome di battesimo, allentando in questo modo la tensione che si era creata.
- Marcello, dai, non tenerci sulle spine. Il caso si può riaprire? – Chiese stavolta Roberto.
- Dovrò studiarmi bene i verbali, non fu archiviato per mancanza di un colpevole, fu chiuso con la condanna del Bottieri.
- Alla luce dei nuovi indizi di cui ti abbiamo parlato? – Incalzò l’amico.
- Dovrò parlarne ai miei superiori.
- Ci lasci così, in sospeso?
- E’ il mio modo di lavorare, Roberto. Non dimenticare che sono un militare e che debbo rendere conto ai miei superiori. Ci sentiremo presto.
Dovendo aspettare di essere contattati dal maresciallo i nostri amici, andarono in giro per Venezia, facendo conoscere a Lojza, scorci e angoli nascosti della meravigliosa e unica città. Alla fine Lojza, non potè resistere e volle salire su una gondola, facendosi immortalare in foto, seduta dietro al gondoliere con la caratteristica divisa, preso nell’atto di vogare.
Un paio di giorni dopo, Loretta fu chiamata da Lucio, di cui aveva completamente dimenticato l’esistenza.
- Figliola, come stai? Mi stavo preoccupando per te. Non ti abbiamo più sentita.
- Bene, capo.
- Come procede la tua particolare vacanza? Dove sei?
- A Venezia, le cose procedono benissimo – Rispose Loretta con fare misterioso
- Finora, ho rispettato il patto, non ti ho chiesto nulla. Potrei però sapere qualche piccolo particolare?
- Lo saprai, capo
- Non vuoi proprio parlarne?
- Per ora, preferirei di no. Come procede il lavoro in redazione?
- Come sempre, Gregorio fa l’indolente e chiede spesso di te. Livia…
- Non dirmelo, è sempre scontenta di me, come al solito.
Lucio per tutta risposta si fece una grossa risata.
- Era il mio capo a Roma – Spiegò a Lojza e Roberto.
- Ci sono problemi? – Chiese apprensivo Roberto
- Per ora no, ma vuole sapere il perché sono qui. Gli avevo chiesto di fidarsi di me ma Livia, starà scavandomi la fossa dietro le spalle e lui non riesce più a contenerla.
- Chi è Livia? – Chiesero all’unisono Lojza e Roberto
- Una mia collega. Una vera carogna. Ma non parliamo di lavoro, almeno non di quello. Ti ha chiamato il maresciallo?
- Non ancora, ora lo richiamo io. Come se li avesse ascoltati, il Maresciallo Guidi, chiamò in quel preciso istante.
Capitolo 19
- Loretta, prepara i calici, stappa lo spumante che dobbiamo festeggiare. Hanno riaperto il caso! –
Quello che seguì a queste parole, fu un susseguirsi d’abbracci tra i tre, qualche bicchiere di troppo e grida di vittoria.
- Riesaminando il caso, abbiamo approfondito una certa testimonianza, riportata nei verbali ma ritenuta non importante ai fini del processo – Il maresciallo Guidi, stava facendo un resoconto ai nostri amici.
- Da quello che il Bottieri aveva annotato sulla sua agenda, però, assume un’importanza significativa alla luce dei nuovi fatti.
- Abbiamo verificato se la presenza di questa persona, coincidesse con quella del Palmieri, nell’albergo, al momento del delitto.
- E che avete scoperto? – Chiese Loretta, cercando di non far trapelare la sua eccitazione.
- Che questa persona, risulta registrata in altro albergo, negli stessi giorni della presenza del Palmieri.
- Dunque è come sospettavamo noi? – Chiese allora, Roberto
- Dovremo verificare ancora, ma credo che a questo punto possiamo scagionare suo nonno dall’accusa di omicidio della Zambon.
- Tutto riconduce alla moglie del Palmieri! E’ lei che risulta essere stata vista da tale Rossella Nicoletti, cameriera al piano, dove risiedeva la Zambon ma anche il Palmieri e il Bottieri. La testimone notò che proprio all’ora presunta del delitto, una donna, molto alterata nel volto, un volto da folle, lo definì, correva trafelata verso le scale. Cosa ci faceva la moglie del Palmieri, all’insaputa del marito?
- Testimonianza però non presa in considerazione all’epoca dei fatti – Fece notare Lojza.
- Furono fatti dei riscontri e la donna ricercata tra i residenti dell’albergo al momento del delitto. Non furono trovati né lei né indizi particolari. Si credette che la testimone, non ricordasse bene e non fu presa in considerazione – Puntualizzò il maresciallo.
- Pensare che per tutta l’indagine ho fortemente creduto che il colpevole fosse il Palmieri – Concluse Loretta
- Gli indizi, però, riportavano a suo nonno, non dimentichi che furono proprio quelli a farlo condannare.
- In effetti si tratta di una indagine molto vecchia, con sistemi investigativi obsoleti, non è vero? – Chiese Roberto per mettere in risalto la nuova situazione.
- E’ vero. Infatti quello che dovremo analizzare, sono le vecchie foto, scattate al cadavere, con le nuove conoscenze investigative, alla luce dei fatti attuali, con l’aiuto dell’informatica e un pizzico di fortuna, cercheremo d’individuare nuovi particolari.
- C’è una cosa che mi spiace profondamente di tutta questa storia…- Iniziò col capo basso Loretta
- Che intendi? – Chiese Roberto
- Mi spiace per la signora Antonia Ruggieri, le dobbiamo molto. E’ la persona che lei amava di più la colpevole, sua nonna. Non credo che se avesse sospettato ci avrebbe aiutati.
- Dovrà imparare a convivere con questo – Concluse Lojza.
Come al solito, Loretta era in ritardo. Entrò trafelata nella redazione del giornale dove lavorava.
- C’è Lucio? – chiese, tirandosi dietro la valigia trolley. Non era neanche passata da casa a cambiarsi, direttamente dall’aeroporto, all’ufficio del capo. Glielo doveva, per la pazienza che lui aveva dimostrato nei suoi confronti, per la fiducia che aveva riposto in lei.
- Bentornata Loretta! – Gregorio si precipitò a toglierle la valigia dalle mani. Lei neanche lo ringraziò, tanta era la fretta di vedere Lucio.
- Finalmente! Chi si rivede...- Prima ancora di fare una delle sue battute al vetriolo, a Livia le parole rimasero a metà, non dette. Loretta, senza neanche degnarla di uno sguardo, entrò a grande falcata dal capo, dimenticandosi persino di bussare.
Lui intento a telefonare, le fece il gesto di aspettare. Lei fremendo, si sedette in attesa.
- Bentornata tra noi! – Esclamò Lucio, veramente contento di rivederla.
- Ciao, capo, tu non potrai immaginare cosa sto per raccontarti… Tutto è cominciato con questa foto.
- Una vecchia foto color seppia – Osservò lui
Loretta, gli raccontò della sua indagine. Del suo comportamento apparentemente strano, quando lui la richiamava preoccupato. Di tutti gli incontri che aveva fatto in quel periodo e delle grandi scoperte che riguardavano la sua famiglia. Gli parlò di Lojza, una sorella amata e da poco scoperta. Di Roberto, rispetto al quale, a lei che sempre aveva la battuta pronta, mancarono le parole per descrivere quello che stava provando nei suoi confronti. Gli raccontò di sua madre e di suo padre. Della mancanza di una figura paterna che per anni l’aveva perseguitata. Fu allora, che Lucio, capì fino in fondo, il legame tra loro. A lui era mancata sempre una figlia, per scelte di vita, a lei un padre. Parlarono per più di due ore, finchè furono interrotti da Livia che voleva sottoporre un pezzo al capo.
- Sai, ho dovuto sostituirti, ora la tua rubrica la seguo io – Le fece notare con grande compiacimento e con una certa cattiveria.
- Livia! – La riprese Lucio – Lascia qui il tuo pezzo e torna al lavoro.
Lei uscì non senza un’espressione di soddisfazione sul volto.
- Voglio un articolo strepitoso su tutta questa storia – Concluse Lucio abbracciandola.
Qualche giorno dopo, i contatti sul loro giornale era decuplicati. In rete, tutti avevano linkato l’articolo di Loretta. Ben scritto, con uno stile asciutto, aveva riportato i fatti professionalmente, senza far trapelare i sentimenti personali. Una storia in terza persona, narrata con il punto di vista di Francesco Bottieri. Sulla pagina spiccava l’ingrandimento di Bianca Zambon. Quella foto in seppia, da lei trovata nel rollino mesi prima.
Era ormai vicino Natale, Loretta, aveva deciso di far conoscere a sua madre, Lojza. Sperava che incontrando sua sorella, conoscendola, con quel suo carattere solare e positivo, si affezionasse a lei e potesse perdonare un poco suo padre. Era un bisogno che partiva da dentro di lei, una virtuale riconciliazione tra i suoi genitori. Lei l’aveva perdonata per la scelta di non farle frequentare il padre, ora sperava che sua madre, perdonasse lui accettandone la seconda figlia. Non sarebbe stata impresa facile, ma sperava nelle capacità di farsi benvolere di Lojza.
Il regalo più bello però, le arrivò due giorni prima della Vigilia di Natale.
Una busta, indirizzata a lei, che Lucio, aveva poggiato con finta noncuranza sulla sua scrivania. Lucio, a stento era riuscito a non dire nulla a nessuno.
Lei, entrando come al solito in ritardo, dopo essersi seduta, esaminò la posta. Aprì la busta e cacciò un urlo.
- Capo. Tu sapevi, vero?
- Lo sapevo!
Loretta cacciò di nuovo un urlo di gioia.
- Paternamente sono molto contento per te, ma in me c’è un pizzico di tristezza. Perderò un’amica e una valida collaboratrice.
- Chi è che perderai, capo? – Chiese Gregorio, entrando in quel preciso istante.
- Ho avuto un’offerta irrinunciabile! Sono stata assunta da una testata nazionale. Contratto a termine per un anno e poi sono sicura che diventerò una delle loro firme – Gridò Loretta, ormai incontenibile nella sua gioia.
- Livia, hai sentito? – Gregorio, stufo delle cattiverie della collega verso la sua amata Loretta, la chiamò in causa.
Livia, fingendo di essere concentrata nello scrivere, finse di non udire, ma tutti videro passare sul suo volto, un’ombra d’invidia che sfuggì al suo tentativo di celarla.
- Ti lascio il pomeriggio libero, vai a festeggiarlo con la tua famiglia e con quel tuo amico. Com’è che si chiama? – Le chiese Lucio, strizzandole l’occhio.
- Roberto, si chiama Roberto – Rispose lei arrossendo.
Epilogo
Antonia Ruggieri, venne messa al corrente da Loretta sulla colpevolezza di sua nonna. La signora Ruggieri, non proferì parola nell’apprendere la notizia. Restò in silenzio. Loretta avrebbe voluto consolarla. Lei non gliele diede modo, la congedò con parole di circostanza.
Uscita Loretta, scoppiò in un pianto dirotto. Aveva odiato suo nonno per anni, per tutto il dolore provocato a sua nonna, ora aveva un motivo in più: l’aveva resa folle. Una follia che sua nonna, aveva celato, custodendo dentro di sé, quel terribile segreto. Nella mente di Antonia, s’affollavano innumerevoli domande a cui nessuno, ormai, avrebbe più dato risposta.
Prima parte
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