Una lieve schiuma sulla sabbia divideva l'acqua, dai granelli sottilissimi. Portava tesori nascosti nelle onde in tempesta. Piccole conchiglie ormai vuote che rilucevano, riflettendo i raggi di un sole spietato.
Fili di alghe morte e putrescenti, inondavano l'aria di un odore salmastro.
Il vento era molto forte e cancellava le orme del ragazzo in cerca di conchiglie. I suoi capelli, biondi, brillavano al sole e andavano a coprirgli gli occhi. Lui, nervosamente li scostava con una mano, mentre l'altra, stringeva un secchiello di plastica, ripieno del prezioso bottino. Le gambe abbronzate e scoperte, affondavano fino alla caviglia nella sabbia e l'acqua, nel retrocedere, gliela scavava sotto, facendolo vacillare.
Il ragazzo si chinò, di nuovo. Le raffiche gli accecavano gli occhi con la sabbia. Strinse le palpebre, gli occhi bruciavano. Tra le lacrime salmastre, il sole si scompose in un brillio lontano.
Alzandosi a fatica, il ragazzo si diresse laggiù. C'era qualcosa nell'acqua, brillava fortemente al sole, sbattuto avanti e indietro dalle onde che tentavano di riportarselo via. Una lotta titanica tra sabbia ritrosa e acqua schiumosa di rabbia.
Un gabbiano, lanciò nell'aria un grido affamato che il vento, nella sua furia, spense come fiamma di flebile candela, portandolo al largo tra le onde.
Il ragazzo guardò su, lo vide librarsi con le ali spiegate, incapace di tuffarsi.
Lontano, all'orizzonte una piccolissima barca, un puntino bianco, combatteva la sua battaglia di sopravvivenza.
Il mare, verde come la giada, continuava a vomitare oggetti e brandelli di vita.
Il ragazzo inciampò e il prezioso contenuto del secchiello, si rovesciò in acqua, scompigliato e rubato di nuovo.
Rabbiosamente, il biondino, gettò via il secchiello ormai svuotato, in acqua, che impietosita dalla sua ingenuità, tentava invano di restituirglielo.
Con la maglietta a righe inzuppata ed incollata addosso, rabbrividendo, il ragazzino avanzava verso la fonte di luce riflessa.
Un cane randagio, scodinzolando prese a seguirlo.
Il ragazzo lo ignorò, continuando ad avanzare nella sabbia che gli sferzava le gambe come tanti aghi appuntiti.
Il cane offeso dalla sua indifferenza, abbaiò due volte.
Il ragazzo prese un sasso, levigato e appiattito dalle onde e lo lanciò verso il cane che, non gradito, cambiò direzione abbassando sconsolato orecchie e coda.
L'oggetto misterioso e luccicante si avvicinava alla vista. Gli sembrò di scorgerne la forma, leggermente allungata.
I piedi, affondavano nella sabbia inzuppata, lasciavano piccole buche d'acqua che scomparivano nell'onda successiva.
Il ragazzo si chinò, bramoso di toccare la fonte del suo desiderio.
Il vetro, reso opalescente dalla sabbia, portava i graffi di una lunga avventura tra i mari.
Il biondino, scosse la testa, per liberare il volto dai capelli e guardò attraverso quel vetro, finestra aperta davanti ai suoi occhi sognanti.
Vedeva, in quel riflesso rilucente, di cannocchiale fantastico, un veliero lontano. Ondeggiava nel vento impetuoso, le vele gonfie allo spasmo, le assi scricchiolanti sotto gli attacchi delle onde.
Sul ponte, l'andirivieni ordinato della ciurma, obbediente al capitano. Il fischio del nostromo che impartiva gli ordini e si perdeva nel vento.
Una bandiera, sbatteva sul pennone, nera come la pece, incorniciava un teschio bianco, con due tibie incrociate: il simbolo della filibusta.
Sul volto del ragazzo si profilò un sorriso accennato. Spostò un po' l'oggetto verso sinistra. Un altro veliero, si preparava alla difesa. Un colpo di cannone, echeggiò nelle sole orecchie del ragazzo, rombo di mare in tempesta. I riflessi del sole sull'acqua, rimandavano ai suoi occhi le fiammate delle cannonate.
Il ragazzo raccolse dalla sabbia, un ramo inzuppato. Era una sciabola d'acciaio, ne strinse l'elsa nella mano destra, tirando fendenti poderosi e schivando attacchi mortali.
Il cane tornato sui passi abbaiò di nuovo. Nell'oggetto magico, la scena era tornata normale, la barchetta in balia delle onde che rollava impazzita, un ramo contorto di pino, tra le mani del ragazzo.
Rialzò l'oggetto contro la luce del sole.
Una piccola bottiglia col tappo di sughero fortemente affondato nel collo. Dentro un pezzetto di carta arrotolato, come in una favola.
Il ragazzo, cercò di stappare quella bottiglia d'annata lontana. La salsedine aveva cementato il tappo. Lo prese tra i denti e tirò. Non si smosse di un millimetro.
Stizzito lo scagliò sulla sabbia. Il vetro nell'impatto si ruppe in piccole biglie iridescenti.
Il biondino prese tra le dita, il biglietto. Lo srotolò delicatamente.
“25 agosto 1989. Mi chiamo Luca, ho sette anni, mi sono perso e sto combattendo da solo contro il terribile Magimbu. Se trovi il mio messaggio vieni ad aiutarmi, perchè Goku non arriva e ho finito le sfere del drago”.
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