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martedì 7 maggio 2024

La famiglia Cornacchioni

Il giovane Silvio Cornacchioni era alla ricerca dell’anima gemella con la quale mettere su famiglia, ma nessuna, fino a quel momento lo aveva mai soddisfatto. Quel giorno zampettava giulivo, scavando col lungo becco nero tra l’erba appena tagliata, alla ricerca di vermi e insetti da mangiare. Era parecchio affamato, perché per due giorni aveva piovuto ininterrottamente e non era stato facile cercare del cibo. Aveva rubacchiato qualche ciliegia rossa rubino, appena matura, ma il contadino l’aveva scacciato urlandogli contro mille improperi. Fu allora che a testa bassa, quasi si scontrò con la più bella creatura che avesse mai visto. Molto imbarazzato per l’accaduto, cercò di schivarla e un po’ gracchiò le sue scuse. Lei si fermò dal razzolare alla ricerca d’insetti e lo guardò molto interessata, con quei grandi occhi nerissimi su cui si rifletteva la luce del sole. - Buongiorno – gli disse – anche lei gracchiando con voce ferma. - Buongiorno – rispose lui – non l’ho mai vista da queste parti, da dove viene? - Poi aggiunse come scusandosi: - Mi chiamo Silvio Cornacchioni. Lei facendo l’inchino rispose: - Sylvie Del Belvedere Dal Pino Alto. - Perbacco è anche nobile! - Pensò Silvio, lisciandosi le piume dell’alta sinistra. - Molto lieto di aver fatto la sua conoscenza miss Sylvie, posso chiamarla per nome? - Certamente signor Silvio – rispose lei cercando di apparire nella sua forma migliore. Da quel giorno, la coppia si vedeva sempre insieme, ma qualche cattivo becco aveva cominciato già a spettegolare su di loro. - Cosa penserà la famiglia di lei di un mediocre individuo come il signor Cornacchione? Lei è di una famiglia altolocata viene dall’altra parte del campo, i suoi sono molto ricchi, hanno un nido di tre piani sulla quercia alta. - Mi domando piuttosto cosa ci abbia trovato lei in uno come lui, sta sempre alla ricerca di femmine e di cibo, è un morto di fame perenne. Le chiacchiere s’ingigantivano e giravano, giravano per ogni albero del circondario, erano perfino arrivate alle orecchie dei passeri e dei piccioni. La coppia però non ci faceva caso, tutta presa dal loro amore. Volavano uno davanti all’altra, planando con grazia sempre dietro all’uomo che con quell’aggeggio infernale tagliava l’erba. Gli zampettavano dietro, ala nell’ala, si potrebbe dire. Un giorno Silvio decise di chiederle di sposarlo. S’inchinò davanti a lei e le porse il bruco più ciccione che avesse mai trovato. Il bruco lo guardava ormai rassegnato alla sua sorte e tremava, ma tant’è, oltre che cibo, fu anche testimone del grande sì che Sylvie gli dette come risposta. La difficoltà più grande fu incontrare i genitori di lei. Il burbero padre, il conte Alvaro Dal Belvedere Del Pino Alto e la contessa Irene Codalunga dalla Grande Quercia suscitavano in lui un puro terrore. Il padre lo accolse osservandolo con il monocolo posato sull’occhio, la madre quasi non lo degnò di uno sguardo, muovendo frettolosamente le piume delle ali, per farsi vento. - Signor conte, vorrei chiedervi la mano di vostra figlia Sylvie– Cominciò Silvio, gracchiando per l’imbarazzo. - Mi spiace dirvelo, signor… - Cornacchioni – rispose Silvio molto agitato. - Signor Cornacchioni, come dicevo, non credo che voi siate all’altezza di quella scapestrata di mia figlia. Cosa le potete offrire voi? - Non posseggo molto, ma ho tanto amore da darle. - L’amore non basta e non acconsentiamo alle nozze! - Esclamò il conte liquidandolo. Silvio se ne andò con le piume della coda tra le zampe, a testa bassa. Spiccò il volo e andò a piangere lontano, sul ramo di ulivo che lo aveva sempre accolto. Si era da poco posato un piccolo passero, anche se il signor Cornacchioni lo spaventava molto, si avvicinò e gli porse una mollica di pane che aveva appena razzolato per terra. - Cosa le è successo signor Cornacchioni, la vedo triste, non faccia così, oggi ci sono tanti vermetti da raccogliere, vedrà che non soffrirà la fame - nel dirlo, però, prudentemente volò via. - Anche tu pensi che io sia un morto di fame! - Esclamò singhiozzando. Nel frattempo si era scatenata una lite violenta a casa del conte. Sylvie non voleva obbedire al padre, disse che se ne sarebbe andata via di casa se non poteva sposare il suo Silvio. Fuggì una mattina all’alba, quando i genitori dormivano ancora, aprendo le ali e non voltandosi più indietro. Silvio se la trovò a razzolare davanti a lui, dietro all’uomo con la macchina infernale, che zampettava tutta contenta. - Cosa fai qui? - Le chiese lui - Sono venuta da te, ho detto che ti avrei sposato e lo farò. - Io non posso darti tutto quello che ti offre la tua famiglia. - L’ho sempre saputo e non me ne importa. Qui c’è cibo per tutti e due. Furono organizzate le nozze. Gli invitati accorsero in tanti, c’era perfino il dotto Gufo Dagli Occhi Gialli, che officiò la cerimonia. Il banchetto fu ricco, l’erba era stata tagliata da poco, c’erano quindici passeri, dieci pettirosso, quattordici piccioni e due gazze ladre, che si rubarono subito il centrotavola che luccicava. La coppia aveva affittato uno dei rami più alti del pino che troneggiava al di là della strada, davanti al prato dove si erano conosciuti. Da lì si poteva ammirare un panorama mozzafiato, si vedeva un campo pieno di fiori di tutti i colori e i tetti delle case, dove rifugiarsi in caso di pericolo. Tra i pini, si stendeva un lungo filo elettrico, opera degli umani, dove Silvio si posava di vedetta per aspettare l’umano che rasava l’erba. A volte, accanto, si vedeva anche Sylvie, appena udiva il rumore del motore, era sempre la prima a planare, seguita dal marito. Sul loro nido avevano fatto affiggere una targa: Famiglia Cornacchioni, il regalo di nozze di Picchio Battitore. In primavera, Sylvie depose le sue prime uova, lucide e azzurre come il cielo con tanti puntini bruni. Silvio si dava da fare freneticamente per portarle il cibo. Un caldo giorno sentì vari pigolii provenire da sotto Sylvie. Erano nati i loro quattro pulcini. Li chiamarono: Lilla, Briciola, Piuma Lucida e Brucolo. Briciola e Brucolo perché non erano mai sazi. Li sfiancavano nel cercare loro il cibo, sempre col becco spalancato tutti e quattro. I due genitori planavano e razzolando seguivano l’uomo che tagliava l’erba, sempre più vicini a lui, ormai si fidavano ciecamente. L’uomo, a volte, li chiamava da lontano. Dopo circa tre settimane, ad uno, ad uno, con gran gioia di mamma Sylvie impararono a volare e poco dopo se ne andarono per i fatti loro, formando nuove famiglie. Silvio e Sylvie invecchiavano insieme. Lui era diventato un più lento nel razzolare, zompettava con calma alla ricerca di cibo. Lei aveva perso alcune delle sue meravigliose piume, quelle che avevano fatto innamorare di lei Silvio. Ci vedeva anche meno, a volte, era lui a passarle qualche lombrico sprovveduto, però si amavano ancora come il primo giorno. Una notte nefasta, un gattaccio grosso e rossiccio, salì sul ramo dove Sylvie riposava. A volte non se la sentiva più di volare fino al loro nido, troppo alto per le ossa doloranti. La prese alla sprovvista, dato che non ci vedeva quasi più. L’azzannò al collo e se la portò giù. Silvio non si accorse di nulla. Il mattino dopo fu l’uomo a trovarla esanime, con le piume sparse a terra. Pietosamente le scavò una buca e la seppellì, lì, su quel prato dove lei e Silvio si erano amati. Silvio l’ha cercata per giorni, chiedendo a tutti gli uccelli di varie razze se l’avessero vista, ma nessuno ebbe il coraggio di dirgli la verità, tutti facevano di no con la testa, con aria sconsolata. Ora zampetta tutto solo alla ricerca di cibo e ogni tanto la chiama, sempre più rassegnato, crede che sia scappata per altri nidi. P. S. In memoria di Sylvie o come la chiamavamo noi Silvia. Silvietto e Silvia hanno fatto parte della famiglia di animali che si trova sul nostro terreno. Ora Silvietto ci fa tanta pena, mentre segue mio marito dietro al taglia erba, tutto solo e spaesato.

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